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Usa, il carnevale della democrazia

Giunti a Washington a difesa del loro Cesare scalzato, i pretoriani di Trump si sono rivelati per quello che sono: esaltati pagliacci.

Un pagliaccio tra i tanti (Keystone)

Bandiere di Gadsden con tanto di serpentone giallo e minacciose messe in guardia “don’t tread on me” (“non calpestarmi”), stendardi sudisti dagli espliciti richiami razzisti, ma anche qualche vessillo con quattro piccole croci rosse disposte attorno a una croce più grande su sfondo bianco: nell’ordinarle su Amazon i golpisti da operetta non si erano ovviamente accorti di aver sbagliato qualcosa, stavano in effetti esibendo, tra la folla che spavalda lanciava l’assalto al sancta santorum del potere, gli stendardi della repubblica caucasica della Georgia e non dell’omonimo stato americano del sud, dove secondo loro sarebbero avvenuti brogli elettorali.

Giunti a Washington a difesa del loro Cesare scalzato dal “complotto giudaico-pedofilo-satanista-comunista”, i pretoriani di Trump si sono rivelati per quello che sono: esaltati pagliacci. Pensavano che come in un western di John Wayne, il potere si potesse conquistare piantando la bandiera nel fortino conquistato. E poi lui, il Nerone da carnevale, grottesco nel suo tramonto da cattivo loser, la cui personalità disturbata e narcisista che ha retto le sorti dell’America e in parte del mondo negli ultimi anni, si è dissolta come un temporale estivo.

Certo anche alle nostre latitudini abbiamo avuto non pochi spacconi: i Borghezio che esibivano il loro casco da cornuto guerriero nordico o i Salvini che dal Papeete di Milano Marittima rivendicavano i pieni poteri. Dal teatrino provinciale a quello della superpotenza: il Q-Shaman, all’anagrafe Jack Angeli, quello con il casco da Vichingo e i tatuaggi esoterici con triangoli intersecati che richiamerebbero Odino, la divinità che svetta nel panteon germanico e nordico, assomiglia più a Diego Abatantuono nella versione “Attila, flagello di Dio” che non a un pericoloso golpista. Quando gli sono scattate le manette ai polsi ha riferito di aver semplicemente seguito l’appello del presidente Trump.

È forse utile ricordare che QAnon, il movimento complottista a cui si rifanno molti seguaci del presidente, è di fatto un fritto misto di baggianate, secondo cui Lady Diana sarebbe stata uccisa nel tentativo di fermare l’11 settembre, che i burattinai globalisti (con alla testa l’immancabile George Soros) hanno creato il Covid-19 per controllare il mondo, e che dietro questa regia mondiale si cela un’internazionale pedofila e comunista in cui spiccano i nomi di Joe Biden e Hillary Clinton. Il movimento raggiunse l’acme della sua popolarità, quando suoi seguaci irruppero coraggiosamente nella pizzeria Comet Ping Pong di Washington, per andare a liberare i bimbi che, stando ai post sui social, la cospirazione giudaico-democratico-comunista aveva sequestrato e stava seviziando e torturando nello scantinato. Quale non fu la loro delusione quando si resero conto che la pizzeria non possedeva neanche uno scantinato.

Anni di secchiate di odio e disprezzo rovesciate dal presidente, grandinate quotidiane di fake news, complicità opportunistiche nel partito e istituzioni, malafede o ignoranza di chi ha visto in lui un baluardo contro lo l’establishment, hanno precipitato il paese in una spirale paranoica, dandogli sembianze “miserabili, ridicole e tragiche” (Le Figaro). In giornata sarà avviata dai democratici la (seconda) procedura di impeachment: non è detto che passerà (al senato è richiesta la maggioranza dei due terzi), ma l’America oggi ha comunque bisogno di una catarsi per voltare pagina. 

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