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Pompe funebri fra lutti, direttive e limiti

Il rischio di una falsa immagine delle aziende dopo le incomprensioni con il medico cantonale sul trattamento delle salme Covid-19

27 novembre 2020
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Che significato ha un lutto per un’azienda di pompe funebri? È la prima domanda che dobbiamo porci riguardo allo scambio di vedute fra l’Ufficio del medico cantonale e l’Associazione ticinese impresari di onoranze funebri sul tema delle nuove disposizioni federali in materia di trattamento delle salme Covid-19.

Come si potrà leggere alle pagine 2 e 3, momenti di incomprensione sono nati fra il medico cantonale e la categoria dei “becchini”, come ancora li chiama qualcuno, in merito all’esigenza di restituire un commiato più partecipativo, più “umano”, visivo, alle famiglie che hanno perso un loro caro a causa del virus. Giorgio Merlani, seguendo le indicazioni dell’Ufficio federale di sanità pubblica, all’inizio della seconda ondata ha invitato le pompe funebri a tornare sia a trattare le salme, sia a comporle in bara aperta. Questo, naturalmente, con tutte le precauzioni del caso; quindi prima proteggendosi con il materiale sanitario in dotazione, poi isolando il feretro per evitare qualsiasi contatto diretto fra il defunto e chi lo piange. La richiesta ha tuttavia provocato la reazione delle aziende, alcune delle quali (fra cui tutte le più importanti del cantone) si sono dette preoccupate sia per le modalità di presa a carico dei corpi nelle strutture medicalizzate, sia per quelle di preparazione delle salme “a livello igienico e di vestizione”. Alla base delle preoccupazioni c’è una mancanza di informazioni chiare su cosa mai sia cambiato oggi rispetto alla primavera scorsa, quando la situazione sanitaria era sostanzialmente la stessa ma le restrizioni pressoché totali. Perché prima non si poteva e oggi sì?

Torniamo alla domanda iniziale: cos’è il lutto, ogni singolo lutto, per un’azienda di onoranze funebri? Pensiamoci: è presa a carico della famiglia, è ascolto, consiglio e consolazione. È, il più delle volte, conoscenza della famiglia stessa, ivi compresa la persona defunta. Il lutto è anche presa a carico della salma e delle aspettative dei familiari riguardo al commiato che le si vuole dare; è presenza emotiva costantemente soppesata, in tutte le situazioni, dall’annuncio della morte alla cremazione o alla sepoltura, con tanto di appoggio tecnico, in equilibrio fra partecipazione e commercio, nella scelta di bara o urna. È sapere o dover capire chi si ha di fronte e di cosa può avere bisogno. E tentare di agire di conseguenza. Tutto questo giornalmente, per centinaia di volte all’anno, passando dalle sofferenze di un lutto a quelle del lutto seguente. E sono nonni, padri e madri. Qualche volta sono figli.

Possiamo quindi solo immaginare cosa significhi per un’azienda di pompe funebri dover interloquire criticamente con chi in qualche modo le chiede di fare di più per le famiglie che hanno perso una persona cara. E, facendolo, doversi giustificare con il timore per la salute dei propri collaboratori, o con quello di possibili quarantene aziendali problematiche non soltanto per l’impresa stessa, ma anche per l’impalcatura sociale che ognuna di esse è chiamata a sostenere. Il rischio è che da queste incomprensioni si possano desumere disinvoltura, o, peggio, egoismo. Francamente, non ci sembra il caso.

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