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Ammalarsi non è una colpa, la responsabilità è una virtù

Questo valore deve nascere in noi prima che a ordinarlo sia lo Stato, e la buona comunicazione da parte di chi decide è la via maestra per crearlo

Ti-Press
17 ottobre 2020
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Essere giovani non significa essere invincibili, ma avere la responsabilità di rappresentare in ogni accezione il futuro che verrà. Il contagio da coronavirus anche in ragazze e ragazzi non appartenenti a gruppi a rischio ci mette, come generazione, davanti a una situazione nuova. Spesso cullati anche troppo, protetti a oltranza da una vita che comunque con i giovani del passato è stata molto meno tenera, oggi abbiamo la possibilità di affermare il nostro posto del mondo. Non solo con titoli di studio, posizioni importanti nel mondo del lavoro, carriere fulgide. Ma proteggendo chi è meno forte di noi. Rispettando un patto etico con gli anziani e i più fragili. Un patto che deve richiamare alla responsabilità ogni individuo, ma ragazze e ragazzi ancor di più. Da questa assunzione di responsabilità imparerà quella che sarà la futura classe dirigente, il futuro insieme di donne e uomini che crescerà un giorno i bambini che saranno adulti tra mezzo secolo. Questo senso di responsabilità deve nascere in noi molto prima che a ordinarlo sia lo Stato con qualche decisione calata dall’alto.

Attenzione, però. Perché ciò avvenga è fondamentale discutere del concetto di colpa, e di tutte le conseguenze che può portare. Alcune molto nefaste. Un malato non è colpevole. Una persona che contrae il virus nell’ambito di una pandemia globale non è colpevole. Un conto è la scellerata sottovalutazione del tutto. Un altro è un momento di disattenzione, o la semplice sfortuna nonostante vengano seguite coscienziosamente tutte le misure sanitarie decise dalla politica. Va spiegato questo alla nostra generazione, ai giovani che ancora non si abituano, pensandosi invincibili, a questa nuova situazione. Va spiegato una volta per tutte che anche noi abbiamo dei nonni, degli amici con persone a rischio in casa, conoscenti con un intervento da subire che potrebbe essere rinviato se gli ospedali tornassero pieni di malati di Covid-19. Ma tutto questo va spiegato trattando tutti gli interlocutori da adulti, non da untori. Dando quella fiducia che è fondamentale se l’obiettivo è ottenere responsabilità. Perché sennò è nient’altro che un ordine, il cittadino che viene privato delle spiegazioni e delle motivazioni diventa suddito. E la reazione è semplice da immaginare.

Questo è un discorso tanto più urgente ora che sono in arrivo ulteriori misure per contenere il contagio e forse altre giungeranno. Il semplice indossare la mascherina in più situazioni e contesti rispetto a quanto prescritto in precedenza, o l’eventualità di restrizioni con perniciose conseguenze per l’occupazione e le condizioni di lavoratori dipendenti e indipendenti, pari sono nel loro bisogno di spiegazione da parte delle autorità e di comprensione da parte dei cittadini. Davanti all’urgenza, e quindi davanti all’assenza di passaggi dalla rappresentanza popolare seduta nei parlamenti, la buona comunicazione sarà la via maestra perché negli individui ci sia la giusta consapevolezza della situazione. E perché nelle nuove generazioni ci sia quel sentimento di vedersi riconosciuti e responsabilizzati che è semplice anticamera del miglior ingresso possibile nella vita adulta.

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