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Premi malattia, una stangata evitabile

I costi l'anno prossimo in Ticino aumenteranno in media dell'2,1%. Quattro volte in più rispetto a quanto avverrà nel resto della Svizzera

(Archivio Ti-Press)
23 settembre 2020
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La consolazione, se così vogliamo chiamarla, è che almeno al resto degli svizzeri è stata evitata la solita stangata autunnale. Gli aumenti medi dei premi di cassa malati saranno dell’ordine dello 0,5% a livello nazionale con le dovute eccezioni: in alcuni cantoni diminuiranno leggermente (a Zurigo e Appenzello interno, tra il -0,7 e il -1,6%), in altri in modo quasi impercettibile (tra lo 0,1 e lo 0,2%) e in altri invece aumenti più marcati. Il Ticino guida la classifica di questi ultimi facendo registrare per il 2021 l’incremento medio più sostanzioso: +2,1% a livello nazionale. Se si guarda di fino, l’aumento del premio sarà dell’1,9% per gli adulti, del 2,9% per i giovani adulti e dello 0,9% per i minorenni. Ancora una volta, quindi, a pagare il costo maggiore saranno le famiglie del ceto medio, quelle escluse da qualunque tipo di sussidio, con redditi stagnanti da anni e che – con i chiari di luna della crisi economica post-Covid in arrivo – non miglioreranno di certo a breve. Insomma, quei tre o quattrocento franchi che l’anno prossimo andranno ad aggiungersi alle spese familiari peseranno ancora di più. E nell’anno del coronavirus si potevano e dovevano evitare. A maggior ragione, come ha rivelato un indignato consigliere di Stato Raffaele De Rosa, se dobbiamo dire grazie all’Ufficio federale della sanità pubblica che ha ritoccato al rialzo i premi rispetto a quanto proposto dalle stesse casse malati. La giustificazione? L’aumento già sostanzioso dei premi dello scorso anno (+2,5% in media) non avrebbe coperto interamente il reale aumento dei costi della sanità di quell’anno. Affermazione che dobbiamo prendere per buona, in quanto nemmeno il Dss ha avuto a disposizione tutti i dati per valutare l’adeguatezza dei premi proposti dalle casse malati. Insomma, ci dobbiamo fidare. Eppure ci sarebbe bisogno di maggiore trasparenza, come giustamente richiesto con le tre iniziative cantonali pendenti a Berna. Proposte che mirano a dare, nell’ordine, più poteri ai Cantoni in materia di premi; pretendere riserve adeguate ai rischi e fissazione di premi che rispecchino veramente la dinamica dei costi. Visto il trattamento riservato al Ticino sulla determinazione dei premi di quest’anno, si è forse troppo ottimisti sulla bontà dell’esito di queste legittime richieste. Sulle riserve lo stesso Ufficio federale della sanità pubblica ha ottenuto dagli assicuratori una compensazione dei premi incassati in eccesso pari a 211 milioni. Briciole rispetto all’aumento medio di un miliardo di franchi di riserve che ogni anno vanno dalle tasche degli assicurati a quelle delle casse malati. Attualmente ammontano a 11 miliardi, più del doppio di quanto richiesto dalla legge. A ogni modo, i costi assicurativi per una famiglia di quattro persone, con due bimbi piccoli, sono più elevati del carico fiscale. Almeno per chi è fuori dalle soglie di reddito di accesso per la riduzione dei premi malattia. L’intera impalcatura della Lamal, insomma, sta mostrando i limiti.

Aumentare solo i sussidi, misura più che doverosa, non è comunque la soluzione all’evoluzione dei costi della salute. Il problema è nel sistema bloccato da veti contrapposti. Riduzioni dell’offerta andrebbero a discapito dei cittadini, degli operatori sanitari e della nutrita lobby che orbita attorno alle casse malati. Ci perderebbero tutti. Lo abbiamo visto con la crisi sanitaria della scorsa primavera. Il blocco degli interventi non necessari ha determinato da una parte un calo delle prestazioni sanitarie a carico delle casse malati, quindi del fatturato di medici e cliniche, minori cure per i pazienti non Covid e un aumento dei costi, a carico di tutta la collettività, per gli ospedali pubblici. 

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