laR+ Commento

Il debito non è frutto di politiche sbagliate

La crisi economica scatenata dal coronavirus farà aumentare il deficit di bilancio a tutti i livelli. Correggere gli squilibri troppo in fretta è la via sbagliata

Una montagna di debito.. importato dalla Cina (foto Ti-Press)

L’autunno imminente potrebbe essere uno dei peggiori, dal punto di vista economico e occupazionale, che la Svizzera abbia mai conosciuto nella sua storia. Certo, la crisi innescata dall’emergenza sanitaria non ha colpito solo il nostro paese. Ma non si può certamente gioire del cosiddetto ‘mal comune, mezzo gaudio’. E nemmeno crogiolarsi nell'illusoria consolazione che le stime di crollo del Pil - definito storico dalla sempre prudente e ottimista Seco - siano ‘migliori’ di quelli di altre economie vicine e lontane. Non si sta giocando il campionato mondiale della recessione dove il vincitore è decretato da chi fa ‘meno peggio’. È vero, l’indicatore del Prodotto interno lordo (la quantità di beni e servizi in termini economici prodotti in una determinata area e in determinato arco di tempo) non è perfetto. Economisti di varia estrazione si arrovellano da tempo a cercare un indice meno asettico e che tenga conto di altri fattori meno misurabili in modo obiettivo. Non ci sono ancora riusciti. A ogni modo bisogna fare i conti con gli strumenti che la macroeconomia offre. Se ci dicono che il Pil nel secondo trimestre è crollato di oltre l’8%, questo è. Le stime per quest’anno, rimanendo a quelle più ottimiste, valutano il calo del Pil tra il 4,9 (Kof) e il 6,2% (Seco) che si tradurranno in un calo del reddito e dell’occupazione choc anche per la virtuosa Svizzera. Bisogna andare a ritroso nel tempo di mezzo secolo per trovare dati simili. Si era negli anni ‘70 in un mondo molto meno interconnesso di oggi dove, invece, il battito d’ali di una farfalla a Pechino (o uno starnuto a Wuhan) causa un uragano dall’altra parte del mondo. Oltre a un calo del reddito, il crollo del Pil porterà con sé un aumento delle spese sociali e una diminuzione del gettito fiscale generando uno squilibrio nelle finanze pubbliche a tutti i livelli (Confederazione e Cantoni) colmabile solo con ulteriore debito pubblico usato per sostenere nell’immediato domanda (i redditi dei lavoratori) e offerta (imprese). Ora questo debito extra non è frutto di politiche economiche sbagliate o scellerate di 'deficit spending'. È stato causato da un’emergenza sanitaria planetaria e sarebbe ingiusto farlo pagare integralmente a tutti i cittadini con maggiori imposte e minori prestazioni. Imporre ora piani finanziari di rientro è quindi sbagliato proprio dal punto di vista del ciclo economico.

Il consigliere di Stato e responsabile delle finanze Christian Vitta negli scorsi giorni in un’intervista concessa alla Rsi ha affermato di attendersi un deficit di bilancio tra i 230 e i 300 milioni l’anno per i prossimi due anni. Il solo calo del gettito fiscale dovrebbe essere per quest’anno pari a 180 milioni di franchi. Una voragine, se confrontato alle stime di sostanziale pareggio per il 2020 e il 2021 fatte solo pochi mesi fa. Ecco, quella voragine non può essere colmata rapidamente. Per questa ragione e per evitare un avvitamento della crisi (questa volta tutta interna) sarebbe doveroso sospendere il meccanismo di freno al disavanzo che così come è impostato ora lascia pochi margini finanziari e impone rientri (minori spese) quasi automatici. Sono dello stesso avviso gli economisti del Credit Suisse per quanto riguarda le finanze della Confederazione alla quale consigliano di sospendere il freno all’indebitamento per altri due anni, accettando l’aumento una tantum del debito indotto dalla pandemia senza imporre una rapida riduzione che frenerebbe la crescita.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE