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Ma allora delle autorità cinesi dobbiamo fidarci o meno?

Auspichiamo che i diritti dell'uomo vengano maggiormente rispettati, ma lasciamo indagare in Svizzera funzionari cinesi su loro irregolari e sans papier!

25 agosto 2020
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Ma allora dei cinesi dobbiamo fidarci o meno? Il riferimento è ovviamente a Berna che col gigante giallo ha siglato felice e contenta un accordo commerciale (il resto d’Europa no). Ce lo chiediamo dopo aver udito un paio di settimane fa qualche critica sulla linea rossa Berna-Pechino. Il ministro degli Esteri, Ignazio Cassis, si è improvvisamente dichiarato più fermo con la Cina, arrivando a formulare l’auspicio che il nostro Paese assuma una posizione più rigida nei suoi confronti. A suo avviso va tenuto conto della situazione sempre più precaria dei diritti dell’uomo e della crisi di Hong Kong, che compromette anche l’attività di molte nostre aziende. Di più: in un’intervista al ‘SonntagsBlick’, ha detto che ‘vediamo che la Cina si sta allontanando dalla via dell’apertura (...) In 70 anni di relazioni con Pechino siamo riusciti a costruire un rapporto costruttivo, ma critico’ e ‘lo Stato di diritto e i diritti fondamentali hanno sempre fatto parte del dialogo tra i due Paesi’.

Cosa è cambiato?

Cosa è dunque cambiato? Beh, la Cina è cambiata un po’ per diverse questioni venute a galla di recente, in primis il nodo del rispetto dei diritti fondamentali a Hong Kong. Già, quanto di grave sta succedendo è fortunatamente sotto gli occhi di tutti. Ma, più verosimilmente, il repentino cambio – perlomeno di accento – impresso da Cassis è dovuto al cambio pure di accento (eufemismo) dato anche dalla potente diplomazia Usa nei confronti di Xi Jinping e compagni e a come intende salvaguardare libertà (anche economiche e diritti dell’uomo) nell’ex protettorato britannico ribelle e non solo lì. Così, se prima si parlava entusiasti di relazioni economiche e Vie della Seta, adesso si è preferito porre – per rimanere nel solco degli interessi geopolitici e politici tout court tracciati dallo zio Sam/Trump – un po’ di più l’accento sul rispetto dei diritti umani.

Agenti cinesi con licenza di indagare in Svizzera

Se così è veramente e se questo cambio di passo è davvero destinato a durare (ce lo auguriamo), allora si cambi il passo anche in un altro ambito. La ’Nzz am Sonntag’ ha appena rivelato che, dal 2015, gli apparati di sicurezza cinesi, grazie a loro agenti, sono autorizzati (sì autorizzati!) a indagare in Svizzera (quindi sul suolo di un Paese sovrano!) per stabilire l’identità di loro cittadini che risiedono illegalmente qui. A pagare lo scotto sono i più deboli: sans papiers, persone a cui è stato negato l’asilo o giunte qui illegalmente. Così i funzionari del Ministero per la sicurezza pubblica cinese possono trattenersi nella Confederazione per due settimane senza disporre di alcuno status ufficiale per stabilire l’esatta identità di cinesi che risiedono qui irregolarmente e agevolarne così i rimpatri. Ciascuno si immagini cosa potrebbe succedere a chi viene rimpatriato col nostro benestare... Perché non è che la Cina poi ci dà la possibilità di controllare da loro cosa accade alle persone una volta rientrate. Anche se è concesso loro di rivolgersi in qualsiasi momento alla nostra ambasciata laggiù. Ma, a parte la difesa della nostra sovranità e il fatto che siamo benissimo in grado di decidere autonomamente sulle entrate illegali, Ignazio Cassis non aveva appena insistito sulla necessità di salvaguardare i diritti umani anche perché le cose in realtà non girano come qualcuno vorrebbe far sembrare mentre si firmano trattati con la Cina?

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