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Il diritto del ben mangiare per tutti!

Bisognerebbe rendere obbligatoria l’educazione alimentare. Insegnare cos’è il “vivente”, una radice, un legume, un animale, la storia e provenienza dei prodotti.

Grotto Ti-Press
29 luglio 2020
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La prudenza non è mai troppa, ma, obbedienti alle raccomandate precauzioni, come rinunciare di questi tempi al fresco grotto o al conviviale ristorante che, oltre tutto, si danno meglio da fare per togliersi l’handicap che li ha azzoppati?

Un amico medico, noto dermatologo ma anche politico, sostiene che con il virus si è persa l’occasione per far passare qualche messaggio costruttivo. Sembra che sia stata dimostrata (nel Bergamasco!) una correlazione tra obesità e maggior devastazione del virus; perché allora non far passare il messaggio: migliore alimentazione, più movimento, obesità condizione sempre aggravante?

Tra i “file” impacchettati come curiosi e utili e che il tempo d’estate induce a rianimare o depurare, ecco che, quasi su chiamata, ricolpisce un’intervista rilasciata tempo fa da uno dei maggiori chef francesi, Olivier Roellinger. Certamente archiviata perché allora, non senza abbondante spezie polemica, aveva pubblicato su molti quotati giornali (come Le Monde) una sorta di manifesto contro l’invasione dell’agrochimica nei nostri piatti.

In quell’intervista dice che nella nostra società c’è una vera cesura alimentare: da una parte si trova chi può accedere al buon gusto e alle buone cose, dall’altra chi subisce ciò che propone la grande distribuzione più quantitativa che qualitativa. Non è un problema di potere d’acquisto, che è spesso una facile scusa. È una questione socioculturale, di conoscenza e educazione.Viviamo poi anche un’altra frattura: quella tra consumatori e contadini, tra città e campagna. Oggi molti contadini faticano a vivere dei propri prodotti e si è anche perso il giusto riconoscimento del loro lavoro, spesso presi per il collo da intermediari e distributori.

E allora? La risposta può essere una sola: bisogna finalmente avere l’audacia di proclamare il diritto del ben mangiare per tutti. Come il diritto a respirare aria pura o a bere acqua pulita. Lezione che si sposa a quella pretesa dall’amico medico. Diritto da inserire nella Costituzione come bene comune da perseguire per la società, pena sanzioni da prevedere in ordinanza.

Già, ma come si fa a rendere perlomeno coscienti di questo diritto? Come è avvenuto per l’educazione fisica o per quella sessuale, bisogna rendere obbligatoria l’educazione alimentare, a partire dalle scuole dell’infanzia. Insegnare poi che cos’è il “vivente”, una radice, un legume, un animale, la storia e provenienza dei prodotti, l’igiene alimentare e altro ancora (sostiene Roellinger).

C’è però molto di più, ci sembra. Bisogna sostenere e sviluppare l’agricoltura contadina, in particolare quella bio; liberare le sementi dalla manomissione e dalla privatizzazione delle multinazionali; mangiare locale e stagionale; meno carne ma di miglior qualità e con i circuiti intermediari più corti possibili (senza Mercosur, ad esempio) valorizzare i piccoli commercianti di prossimità, anelli indispensabili tra produttori e consumatori; imparare a non sprecare, acquistare sfuso, riciclare i resti…

C’è un’osservazione di quel coraggioso chef che va ripresa, tanto è densa di gusto e significato: “Mangiare bene è un modo di fare politica che non divide”. (Sembra però che già la pensavano alcuni politici ticinesi che praticavano i grotti)

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