Distruzioni per l'uso

Silvia Romano è libera, ma l'Italia è ostaggio dei cialtroni

I riscatti li pagano quasi tutti, ma solo Conte e compagnia possono trasformare anche una buona notizia in un'oscena baracconata. Con l'aiuto dei media, s'intende

Poi uno cosa deve pensare di un ministro degli Esteri che si presenta conciato così? (Keystone)
17 maggio 2020
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La liberazione della volontaria italiana Silvia Romano – dopo 18 mesi di prigionia nelle mani dei tagliagole di Al-Shabaab – si sarebbe dovuta salutare con un semplice “ah, che bello!”, un gran sorriso e un sospiro di sollievo. Invece si è trasformata nell’ennesima dimostrazione di come l’Italia sia in mano a una classe dirigente popolata in larga misura da cialtroni, in politica come nei media.

Giornali e tivù si sono subito affrettati a disquisire sui motivi della sua conversione all’Islam, sollevati dall’idea di poter cambiare per un attimo il camice da finto epidemiologo coi panni degli psicologi e degli esperti d’Islam, come sempre da bar (brandendo casomai la “sindrome di Stoccolma”, un classico). D’altronde, l’occasione era troppo allettante: il voyeurismo nei confronti d’una ragazza partita in pantaloncini e tornata col velo “prende clic”, e pazienza se mancano tutti gli elementi per una riflessione più seria. Certo, non sarebbe stato lo stesso se a tornare convertito fosse stato un maschietto: è già successo un paio di volte che degli ostaggi uomini rientrassero musulmani, perfino radicalizzati, e nessuno ne ha mai parlato più di tanto. Però è ovvio che far la lezioncina alla ‘ragazzina’, rimestar nel torbido accostando foto vecchie e nuove nei boxini web, scatena fregole ben note.

Ma nel caso di Romano a peggiorare la cosa, e di svariati ordini di grandezza, è stato il comportamento inqualificabile del governo italiano. Che ha deciso di spettacolarizzare la liberazione trasformandola nel solito video della prima comunione, con tanto di fotografi schierati, discorsetti strappalacrime, tricche-tracche e castagnole: casomai l’emergenza coronavirus vi avesse fatto credere a un Giuseppe Conte statista, bentornati sul pianeta Terra. L’avvocatino del popolo non si è neanche degnato di negare fermamente le voci sul pagamento di un ingente riscatto, come vorrebbe l’etichetta. Così facendo ha regalato il pallone a quelli che “i nostri muoiono di fame e dobbiamo anche mantenere jihadisti, vergogna!” (che poi fateci caso: sono gli stessi che a ogni barcone di migranti berciano “aiutiamoli a casa loro”, proprio quello che cercava di fare Romano). E naturalmente ha ridato fiato a chi fa paragoni strampalati tra lo Stato che non tratta coi sequestratori di Aldo Moro, o con l’Anonima sarda, e quello stesso Stato che invece si siede al tavolo con Al-Shabaab. Come se la politica estera – condotta in una giungla hobbesiana dove comanda la forza e nessuno è sovrano se non di se stesso – avesse le stesse regole di quella interna. A scanso di equivoci: i riscatti internazionali li pagano tutti, non solo l’Italia, con l’eccezione comunque controversa e non sempre coerente di Usa, Israele e pochi altri. Poi però normalmente si riporta la gente in patria senza operette, si smentisce e si passa ad altro.

Proprio come si sarebbe dovuto fare anche stavolta. Per rispettare e proteggere servizi segreti tra i più abili al mondo, sapendo che per definizione meno se ne parla e meglio lavorano (non per portar rogna, ma vi siete mai chiesti perché a Roma non è mai successo un Bataclan? Un aiutino: la risposta non è “Luigi Di Maio”). Ma soprattutto perché adesso, liberata dai suoi sequestratori, Romano è finita ostaggio di insulti e minacce, un assedio di rancore troppo strutturato per pensare che sia solo “indiniazzione” popolare, e non ci siano dietro i soliti referenti politici. Peraltro, di questa monumentale pagliacciata gode anche il fronte jihadista: non c’era modo migliore per far sapere anche all’ultimo pastore di montoni col kalashnikov che se ti porti via un italiano, Roma paga (e ci mancherebbe altro). Insomma: un altro ottimo lavoro del governo del cambiamento, e del suo codazzo di megafoni e imbrattacarte. Bravi davvero.

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