Il ricordo

Fratelli Bignasca, finisce un'epoca

Ora, per capire in che direzione si orienterà la Lega si dovrà attendere un po’. L’attuale emergenza Coronavirus vuole istituzioni compatte.

30 marzo 2020
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Con la morte di Attilio Bignasca, da tempo malato, si conclude il lungo capitolo segnato dalla presenza sul palcoscenico politico dei padri fondatori della Lega dei Ticinesi. Quelli che l’hanno messa al mondo, accudendo e crescendo il partito – allora più movimento movimentato – in un cantone dominato dalle formazioni tradizionali tutte al governo.

Di vittoria in vittoria 

Uomini che, di vittoria in vittoria, hanno condotto la Lega, rischiando del proprio e picconando il sistema, per poi sedersi a loro volta al tavolo e detenendo oggi la maggioranza relativa col tandem Gobbi-Zali. Ma quando partirono era diverso. Sì, perché a metter fuori la faccia non erano in molti, perché la Lega del Nano e del Maspoli era un movimento di sfondamento che non guardava in faccia a nessuno e che si muoveva in modo molto spregiudicato e disinvolto. Brandiva la clava del Mattino praticando un giornalismo aggressivo che infrangeva le regole valide sul ring politico e organizzava carovane. Una Lega coi due capipopolo finiti anche dinnanzi al procuratore pubblico e persino a processo.  

Il conte zio dietro le quinte ma non troppo

Attilio Bignasca, soprannominato il Conte zio, sedeva nella stanza dei bottoni anche lui, ma fintanto che a calcare la scena era il fratello, non cercava le luci della ribalta al pari dell’istrionico Nanozapata. Non era però rintanato dietro le quinte: no, anche lui si era lanciato nell’arena politica occupando seggi (la Lega direbbe cadreghe) di primo piano: nell’esecutivo di Agno, nel parlamento cantonale fino allo scranno più alto di primo cittadino, al Nazionale dove arrivò a presiedere la deputazione cantonale. Ma il genio (accompagnato da una buona dose di sregolatezza) del fratello minore ha sempre fatto sì che Attilio fosse meno brillante del presidente a vita della Lega, ma avesse doti di equilibrio utili al partito. E poi, siccome i Bignasca brothers nel far politica sapevano benissimo anche far di conto e far quadrare (rendere?) i loro affari, qualcuno doveva pur restare in ufficio a mandare avanti le varie imprese, mentre Giuliano arringava il pueblo leghista e teneva a bada gli altri partiti.

Figura maggiormente apprezzata al decesso del Nano

La figura di Attilio è così stata maggiormente apprezzata e ricercata all’interno del movimento e all’esterno a partire dall’improvviso decesso del Nano. Attilio Bignasca se ne è andato in un momento duro per tutti, non solo per il suo partito che, abituato a vincere, dopo la recente sconfitta alle cantonali deve ancora decidere cosa vuole essere: forza al Governo del cantone e della maggiore città del Ticino assumendo appieno il compito istituzionale, o piuttosto movimento di piazza e di critica del sistema, secondo la formula che lo ha reso quasi invincibile per un ventennio? Un interrogativo, questo, che saranno i tanti (troppi) colonnelli in sella a sciogliere e che, tramontata l’epoca dei fratelli Bignasca, non sarà operazione facile. Nella gestione dei ‘Bigna’ i deputati dissidenti in via Monte Boglia venivano chiamati a rapporto e, in men che non si dica, la Lega slegata ritrovava l’unità di facciata. Farlo portando quel cognome era più facile, perché i fondatori erano padri padroni e avevano in mano le leve del comando e della borsa. Ora, per capire in che direzione si orienterà la Lega si dovrà attendere un po’. L’attuale emergenza coronavirus vuole istituzioni compatte.

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