Commento

Una tragedia inutile se non imparassimo nulla

Il coronavirus sta esponendo in modo drammatico tante debolezze della società: psicologiche, economiche, sociali. Una volta finita, si corra ai ripari!

Ci si chini anche sulla questione degli infermieri: oggi uno su due lascia per via di stress e condizioni di lavoro. E poi il sistema pesca altrove (Ti-Press)
18 marzo 2020
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Sono giorni strani. Anche perché la terra ci è scivolata sotto i piedi più rapidamente di quanto sia umanamente gestibile. 

Fino a un mese fa guardavamo quasi con sufficienza agli sforzi cinesi, tanto lontani, tanto macroscopici da sembrare fantascienza. Fino a due settimane fa scuotevamo la testa vedendo le immagini dei Navigli pieni e dei negozi svuotati in Italia. Oggi scopriamo di essere usciti dalla stessa risma di umanità varia, tutti ugualmente vulnerabili al coronavirus, tutti ugualmente soggetti alla stessa supponenza. Abbiamo imparato che è più facile pretendere dagli altri che applicare noi stessi. 

E nel frattempo ci siamo ricordati che lavarsi le mani è il miglior modo per combattere virus e batteri, che tossire in faccia agli altri non è solo questione di maleducazione ma è anche un rischio sanitario; ci siamo resi conto della fragilità di una società e di una economia globalizzata, capace di acrobazie fantasmagoriche finché tutto va bene, ma che al primo colpo di vento cade di faccia se non ha forti radici. Scopriamo che nell’era del commercio elettronico, sono spariti i magazzini: anche i professionisti a volte si dimenticano di fare scorte. “Tanto basta un click e arriva il rifornimento dalla Cina”. Già, poi la Cina si ammala, i paesi confinanti chiudono e si grida all’emergenza. 

Abbiamo toccato con mano quanto il sistema sanitario ticinese sia dipendente dai frontalieri: senza di loro  saremmo in ginocchio da settimane (a proposito, grazie a tutti coloro che sono in prima linea, a tutti coloro che rinunciano agli affetti famigliari per curare le famiglie degli altri!). Abbiamo capito quanto sia stato sottovalutato il problema della scarsità di infermieri ticinesi: è difficile trovare nuove leve e già nel 2017 uno studio nazionale indicava come la metà di chi è attivo lascia la professione per via del troppo stress e dei salari poco interessanti.

E poi abbiamo (dovremmo avere) finalmente capito la differenza tra opinioni e realtà. Intuito che il mondo se ne frega di quel che pensiamo, di quanto ne siamo convinti, di quante volte lo postiamo sui social e di quanti like raccoglie il nostro “tanto è un raffreddore un po’ più forte”. Travisare i fatti non è un’opinione, ma un modo per non voler affrontare il problema. Ed è pericoloso per noi stessi e per gli altri. Ricordiamocene.

Di fronte a un virus contro cui nessuno ha anticorpi, dovremmo aver imparato cosa significa “immunità di gregge”, quella cosa strana alla base delle vaccinazioni. Ci fosse un vaccino contro il Covid-19, ora staremmo vivendo normalmente invece di avere paura.

Che usciremo da questa crisi lo dicono le cifre. Il come dipenderà da noi. Quando ne saremo fuori, poi, la grande tragedia - dopo quella umana della conta dei morti e quella economica della conta dei fallimenti - sarebbe però l’aver subìto tutto questo e non aver imparato nulla. Per esempio non chinandosi seriamente sul settore sanitario, trasformando nei fatti (e non solo a parole) le professioni che vi ruotano attorno in un mestiere ambito e non uno da cui fuggire. O continuando a non vaccinarci e poi organizzare i morbillo-party. O continuando a spacciare le nostre opinioni sui social come fatti, creando solo confusione.

Se da questi giorni strani non imparassimo nulla, ecco: questa sarebbe la tragedia più grande.

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