Commento

’Ndrangheta a Frauenfeld, come farla franca

E se oggi anziché intimidire preferiscono corrompere, liberi tutti?

4 dicembre 2019
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Ricordate quel filmato ripreso segretamente dagli inquirenti nella bocciofila nei dintorni di Frauenfeld? Le immagini immortalavano dall’alto alcune persone sedute ad un tavolo durante una riunione. Immagini oggetto di un incarto penale che la Svizzera ha poi tramesso alla magistratura italiana e che, passando di mano, sono poi state diffuse causando anche qualche imbarazzo a chi nel nostro Paese aveva effettuato le riprese.

Ma non è di questo – cioè del rapporto fra autorità inquirenti e giudiziarie di Paesi diversi – che vogliamo parlare. Ogni Stato ha le sue regole e bisogna anche mettere in conto che procedure altrui possano rendere note prove che in altri Stati sarebbero state magari più protette.

Il fatto è un altro: le riprese della tavolata con una quindicina di convitati risalenti al 2014, svelavano anche altro: precisamente che cosa i convenuti stavano dicendo. Discutevano di armi, di droga, di estorsioni e recitavano rituali di affiliazione alla ’ndrangheta. Ce n’era dunque abbastanza per far scattare le manette ai loro polsi e per far drizzare le antenne (investigative) pure da noi. La prova provata dell’esistenza anche in territorio elvetico di una costola ben radicata dell’organizzazione criminale calabrese era sotto gli occhi di tutti.

Ma poi che è successo?

Sono passati gli anni ed ecco che oggi assistiamo ad un altro film, questa volta girato dai difensori dei presunti criminali ’ndranghetisti, che sono riusciti a far annullare le condanne dalla massima corte italiana, perché i fatti non sussistono. Motivo? Oltre al filmato non vi sono prove che siano stati compiuti atti concreti intimidatori. E se la ’ndrangheta, sapendo di correre il pericolo, anziché intimidire, oggi preferisce corrompere? Nessun colpevole? Già, proprio così! Colpo di scena e i due condannati a otto e dieci anni di carcere per associazione per delinquere di stampo mafioso, perché ritenuti i vertici della cosca di Frauenfeld, sono quindi tornati lindi e in libertà. Ecco un bel caso (non è l’unico) in cui fatta la legge, i delinquenti adattano i loro metodi mafiosi per poterla aggirare. Così anche un filmato particolarmente esplicito non basta più per incastrare dei presunti criminali.

Le leggi sono veramente all'altezza delle sfide?

La domanda che si pone ora il cittadino comune – che si sente ripetere come la presenza sul territorio di una certa criminalità organizzata sia un dato di fatto che preoccupa persino Polizia e Procura federali e anche la politica – è questa: ma le leggi sono veramente all’altezza delle sfide richieste agli inquirenti? Perché se in Italia per un cavillo quella partecipazione a quell’incontro (visti anche i temi discussi) non è sufficiente, quella che respiriamo non si chiama aria e quella che cade dal cielo quando piove non è acqua.

Ora, perché ci si dovrebbe preoccupare visto che quanto accaduto riguarda l’Italia? Semplice: perché gli effetti della sentenza ‘liberi tutti’ dei giudici della vicina Repubblica sul lavoro d’inchiesta fatto su suolo elvetico, sono estremamente negativi pure per noi. Che senso ha raccogliere qui prove molto delicate se poi al di là del confine prima si condanna e poi si annullano condanne? Vero è persino il contrario: simili sconfitte dello Stato finiscono per rafforzare il crimine organizzato. E allora, che si cambino celermente le leggi.

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