Commento

Quell’ebreo di un Gesù

L'odio e il livore in tre casi esemplari di escalation negazionista e antisemita, non più derubricabili a semplici espressioni di menti deboli

3 dicembre 2019
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Non si tiri più in ballo l’ignoranza. L’escalation di affermazioni negazioniste e antisemite di cui hanno dato conto (e in almeno un caso irresponsabilmente dato spazio) i giornali italiani non consente più di derubricare a espressioni di menti deboli quel torrente di livore e di odio che cresce da mesi, anni. Tre casi di esemplarità istruttiva lo confermano, e rinviano a un contesto sempre più degradato.

Settimana scorsa, dopo la notizia delle indagini a carico di un gruppo intenzionato a fondare un partito nazista in Italia, alcuni quotidiani hanno voluto intervistare la donna che ama definirsi la “sergente di Hitler”.

Questa Antonella Pavin, infastidita dall’ennesima domanda sulla Shoah, ha liquidato la questione affermando che ad Auschwitz c’erano “piscina, teatro e cinema”. Una poveretta, senza dubbio, ma non isolata. Il suo deficit è speculare alla sicumera con cui Robert Faurisson, faro degli storici negazionisti, diceva più o meno la stessa cosa, pretendendo di poterla provare.

Poi è venuto Fabio Tuiach, consigliere comunale a Trieste, che ha votato contro l’attribuzione della cittadinanza onoraria a Liliana Segre (reduce di Auschwitz, come è noto), e passi. Il motivo lo ha spiegato lui stesso a telecamere accese: in quanto “profondamente cattolico” si è sentito offeso dalla signora Segre “secondo la quale” Gesù era ebreo. La differenza con l’aspirante gerarca, un salto di livello, è che questo qui è anche stato eletto. Per Lega e Forza Nuova, sia detto.

Ultimo Emanuele Castrucci che ha postato su Twitter un’immagine di Adolf Hitler con il proprio cane, accompagnato da questo testo: “Vi hanno detto che sono stato un mostro per non farvi sapere che ho combattuto contro i veri mostri che oggi vi governano dominando il mondo”. Nome sconosciuto ai più, molto probabilmente, ma che è quello di un signore che insegna Filosofia del diritto all’Università di Siena. In questo caso, Castrucci ha rivendicato la propria libertà di pensiero, e incautamente anche il rettore dell’ateneo ha cercato di ridimensionare a “opinioni personali” le sue parole. Salvo poi promuovere il suo allontanamento dalla cattedra.

Naturalmente, focalizzarsi su tre individui più o meno padroni delle proprie parole o della propria deliberata menzogna potrebbe non portare lontano. Ben più importante è interrogarsi su come e quanto è mutato un contesto politico e culturale, al punto che non vigono più ritegno né si nutrono timori nel dare il proprio volto e il proprio nome a simili schifezze. Peggio: a prendersi la libertà di affermarle non più nel chiuso di cenacoli esaltati o in un depresso tinello brianzolo, ma in sedi istituzionali o accademiche. Chi se ne serve per profitto politico ne condivide la colpa; ma anche chi se ne ritrae, incapace di affrontarle, dischiude loro la strada del successo.

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