Commento

‘Una nuvola non muore, diventa pioggia’

La festa di chi se ne è andato ma ha saputo ispirarci a guardare oltre il nostro piccolo orticello. La morte spiegata ad un bimbo.

31 ottobre 2019
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Osservo una, due, tre, quattro foglie, ormai ingiallite, staccarsi da una betulla e svolazzare. Marciranno, nutriranno la terra, dando nuovo vigore alla pianta. Chissà se tutto ciò che siamo stati, i nostri pensieri, le nostre parole, le nostre azioni sono sempre qui in un’ininterrotta continuazione. La trasformazione è ovunque, soprattutto in autunno, quando la natura si spoglia, preparandosi al riposo invernale, che è il preludio a una nuova fioritura. Anche dentro di noi, cellule che nascono, cellule che muoiono, in un ciclo continuo. Ce ne accorgiamo quando ci fermiamo e osserviamo la natura, quando rallentiamo la rincorsa a piccoli e grandi piaceri che colorano le nostre vite, catturati da mille pensieri che ci spingono qua e là come barche ‘ubriache’. La morte è sempre presente, non solo nel giorno dei morti che cade sabato. La vediamo nelle foto dei corpi distesi, come se dormissero, dei migranti che il Mediterraneo risputa sulle coste. La vediamo negli ospedali, alla tivù, sulle strade, nei parchi dello spaccio… La viviamo quando ci porta via un caro e ci lascia un carico insopportabile di dolore. Facciamo di tutto per lasciarla indietro, ma a guardar bene è proprio la morte a dare un senso forte alla vita, spingendoci ad assaporare ogni momento, come se non ci fosse un domani.

In tante culture, ci si prepara alla morte, staccandosi da beni e lussi che in vecchiaia diventano insipidi e superflui, tornando all’essenziale per affrontare, forse meglio attrezzati, questa tappa della vita. Avere un credo forse aiuta chi parte e chi resta. Penso che ancora di più aiuti non avere rimpianti, avere vissuto una vita piena di quei piccoli e grandi gesti o imprese, che ci nutrono come esseri umani, spingendoci a guardare oltre al nostro orticello. Spesso ad ispirarci è proprio chi è già partito lasciando dietro di sé i semi per far germogliare altre coscienze. Sono loro da festeggiare, tutti questi maestri di vita – che siano familiari, poeti, filosofi, saggisti, scienziati, santi… – trapassati che hanno saputo guardare oltre e continuano a vivere con noi, ispirando con il loro esempio il nostro cammino.

Quando un bambino, disarmato davanti alla morte chiese al maestro zen vietnamita Thich Nhat Hanh che cosa si prova ad essere morti, questi usò l’esempio di una nuvola per spiegare nascita, morte e continuazione. Gli disse: “Una nuvola non può mai morire. Una nuvola può diventare solo qualcos’altro, come pioggia, neve o grandine. Quando sei una nuvola, ti senti come una nuvola. Quando diventi pioggia, ti senti come la pioggia. Quando diventi neve, ti senti come la neve. La rigenerazione è meravigliosa”.

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