Commento

Non siamo più un paradiso... fiscale

La Svizzera è stata stralciata dalla lista grigia dell'Unione europea. Ora la competizione riparte con regole condivise a livello internazionale

Eurocompatibili (Keystone)
11 ottobre 2019
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La Svizzera non è più sulla lista grigia dei paradisi fiscali. La sua legislazione fiscale relativa alle società a tassazione speciale ha recepito gli attuali standard internazionali dell’Ocse ed è quindi pienamente conforme anche a quanto è in vigore nell’Unione europea. Un passo dovuto, quello dei ministri dell’economia e delle finanze dell’Ue (Ecofin) e atteso da anni dalla Confederazione. Il ritardo non è dovuto a particolari ritrosie elvetiche, ma ai tempi tecnici della democrazia semidiretta. Ricordiamo che la prima proposta (la Riforma tre della tassazione delle imprese), dopo aver trovato il necessario consenso politico, trovò il no popolare alle urne. Addolcita la riforma fiscale aggiungendo anche un’appendice a favore dell’Avs, al secondo tentativo lo scorso 19 maggio è stata accettata anche da gran parte della sinistra e dei votanti.

La Riforma fiscale del finanziamento dell’Avs entrerà quindi in vigore il prossimo 1° gennaio – la condizione posta dall’Ue – e permetterà anche ai Cantoni di adeguare le legislazioni tributarie locali per compensare il gettito che verrà a mancare dalle società a tassazione speciale. Per rimanere al Ticino, è previsto un abbassamento dell’imposta sull’utile di tutte le società e l’implementazione degli strumenti legali eurocompatibili (patent box e defiscalizzazione degli investimenti in start-up) per cercare di attrarre nuove realtà ed evitare che quelle presenti facciano le valigie per lidi più accoglienti. Alcune lo hanno già fatto anche se ufficialmente accampando altre scuse: la mancanza di ulteriori spazi fisici per la logistica, la Luxury goods international (Gucci, per intenderci) e i dazi sui tessuti, la Tom Ford. L’implementazione cantonale avverrebbe nell’arco di cinque anni. La riforma ticinese sarà a regime solo a partire dal 2025, quindi. Ma all’Ocse e all’Ue ciò che avverrà nei confini dei singoli Paesi non interesserà più di tanto, visto che i paletti normativi internazionali saranno comunque rispettati. Non è la concorrenza fiscale nel mirino delle istituzioni di Bruxelles, ma le pratiche lesive della stessa. Erano i regimi speciali dei Cantoni a essere considerati dei veri e propri aiuti di Stato. Spariti questi, gli Stati sono liberi di fissare l’onere tributario a carico di cittadini e aziende. Non c’è in realtà nessun freno alla competizione internazionale, come fa ben notare l’organizzazione non governativa Oxfam. Gli incentivi per attrarre società che intendono ottimizzare il loro onere tributario non mancheranno né alla Svizzera, né ad altri Paesi.

Anche la concorrenza fiscale intercantonale e comunale conoscerà un certo revival. Non essere più accomunati a esotici scogli caraibici è comunque un successo.

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