Commento

Ustra-Cantone, teatrino da smontare

Le reiterate incomprensioni fra due partner che si vorrebbe stretti non toccano solo il tema ‘A2-A13’, ma anche la credibilità delle istituzioni

Claudio Zali, direttore del Dt, e Marco Fioroni, capo filiale di Ustra
9 agosto 2019
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Il tenore e la gravità delle incomprensioni fra Consiglio di Stato e Ustra Ticino attorno al collegamento A2-A13 vanno ben oltre il formalismo istituzionale. Toni e contenuti della lettera del governo di cui ‘laRegione’ ha dato notizia ieri indicano un livello di incomunicabilità oggettivamente inaccettabile. E, se è possibile, lo scenario è aggravato dalla risposta di Ustra Ticino (si veda in Cronaca di Locarno) secondo cui il Cantone sapeva benissimo quali erano gli “step”, quali le tempistiche e di chi le responsabilità (fino a quando Ustra Ticino e da quando Ustra Svizzera) nelle diverse fasi di elaborazione del progetto. Al netto dei diversi “punti critici” emersi da una prima valutazione della “Bozza verde” da parte dell’Ufficio federale dell’ambiente (punti che da soli aprono un capitolo ancora tutto da scrivere) la netta impressione è che due partner che si vorrebbe molto stretti in realtà viaggino lungo la stessa tratta ma su binari paralleli, guardandosi a distanza.

Una prima volta (almeno pubblicamente) era successo a gennaio, quando Ustra aveva dichiarato di non essere stato coinvolto nel progetto cantonale di semaforizzazione, voluto dal Dipartimento di Claudio Zali per cercare di rendere più fluido il traffico sul Piano di Magadino proprio in attesa del collegamento veloce in galleria (progetto poi come noto bocciato alle urne). Immediata e veemente v’era stata la reazione dello stesso Dipartimento, che carte alla mano aveva dimostrato che quel coinvolgimento c’era stato eccome, e anche in profondità. Già allora era apparso incomprensibile che l’ufficio federale se ne uscisse con dichiarazioni simili ben sapendo di poter essere facilmente sbugiardato.

Ora lo “zoom” si allarga – parliamo del progetto generale d’allacciamento A2-A13, un progetto da oltre un miliardo e mezzo di franchi, l’obiettivo per antonomasia nel contesto della viabilità cantonale – ma la sostanza non cambia: come se niente fosse, stando alla versione del governo, all’improvviso salta fuori che il Dipartimento del territorio non sarebbe stato debitamente informato che il progetto generale anticipato (e generosamente finanziato) dal Cantone avrebbe dovuto passare dalle forche caudine di un adeguamento ai fini della Legge sulle strade nazionali. Questo, per ulteriori 2 anni di lavoro che Bellinzona non prevedeva. Salvo poi venire immediatamente ripresa dall’Ufficio federale delle strade (filiale di Bellinzona) secondo cui tutti i paletti erano stati posti in anticipo e chi dice di non sapere ha evidentemente la memoria corta.

Ora, le possibilità sono tre: o in Ustra regna il caos, e andrebbero allora apportate importanti migliorie anche nei rapporti tra filiale di Bellinzona e sede centrale di Berna (dove per altro un vicedirettore è ticinese); oppure qualcosa di significativo non funziona al Dipartimento del territorio, dove informazioni importanti che Ustra sostiene di aver trasmesso entrano da un orecchio ed escono dall’altro; oppure ancora queste reiterate incomprensioni sono alimentate da vecchie ruggini e radicati personalismi che, come in una coppia di anziani coniugi ormai esasperati uno dall’altro, talvolta emergono e deflagrano in bisticci con bistecche congelate che volano per la cucina. Da qualche parte una risposta c’è, ed è necessario che qualcuno – non sappiamo chi – si assuma la responsabilità di fare ordine e ripristinare una corretta e seria dialettica fra le parti. Ne va non soltanto dello specifico “caso” dell’allacciamento autostradale – un caso che andrebbe trattato con ben altra serietà e ben altra chiarezza, vista l’enorme posta in palio – ma anche, e in primo luogo, della credibilità delle istituzioni.

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