Commento

Quando la Legge è con chi disobbedisce

Scarcerata Carola Rackete, nell'ordinanza del giudice nessuna opinione personale: solo le ragioni del Diritto contro quelle del populismo. Basta aver voglia di leggerla...

4 luglio 2019
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È accaduto. Questa volta possiamo dirci d’accordo con Matteo Salvini. In una delle sue quotidiane impennate acustiche (rimedio moderno per dare consistenza ai propri contenuti), il ministro degli Interni italiano ha tuonato che quello commesso in Libia è un “attacco criminale”. Non si riferiva agli accordi stretti dagli ultimi governi italiani con le pseudo-autorità del Paese nord-africano per trattenere gli esseri umani in viaggio verso l’Europa, ma del vile bombardamento che l’altra notte, non lontano da Tripoli, ha causato oltre 40 morti, anche bimbi, fra gli ospiti di un “centro migranti”. Questo per dare la misura della tensione che dilania la Libia, dopo otto anni di costante guerra civile, e della sicurezza che questo Paese in mano a milizie più o meno criminali può garantire a chiunque abbia la sventura di dovervi soggiornare.

Ora, ci sono migliaia di feroci pecore da tastiera che, ispirate dall’autoproclamato “capitano” Salvini (illuminato sulla strada del potere dal marketing alla Vasco Rossi), riversano i frutti peggiori della loro bile su una giudice siciliana, fino ad augurarle la morte per aver disposto la scarcerazione di Carola Rackete, la comandante della nave Sea Watch 3. Cedendo a un atto di smisurato ottimismo, auguriamo a queste persone di trovare dentro di sé una risorsa forse ignota ma sorprendente: dieci minuti di concentrazione per leggere l’ordinanza del Gip di Agrigento (disponibile in rete). In essa potrebbero scoprire uno dei frutti proibiti di uno Stato di diritto, la Legge, da cui derivano quegli stessi diritti, appunto, di cui godono e sovente abusano quando si accaniscono sulla tastiera.

In essa il giudice, attenendosi al diritto italiano (Codice della navigazione) e a quello internazionale (Convenzione di Amburgo), spiega che Carola Rackete ha fatto il proprio dovere di comandante; e questo a prescindere dalle sue convinzioni personali, etiche o politiche. Vale a dire che il “decreto sicurezza” fatto approvare in fretta e furia da Salvini è sottoposto alle norme del diritto internazionale, che impongono al comandante di una nave di soccorrere un gommone alla deriva e di portare i naufraghi tratti in salvo nel più vicino porto sicuro. E “porto sicuro” non può essere considerato quello verso cui le autorità italiane invitavano la Sea Watch 3 a dirigersi, ossia Tripoli, come detto da Commissione europea, Consiglio d’Europa e giurisprudenza italiana. E come confermato, involontariamente, poche ore dopo, dallo stesso Salvini.
L’unico “crimine”, suggerito dalle autorità italiane (e non solo), sarebbe quello di riportare un qualunque essere umano in Libia. “Fuorilegge” è dunque stato il reiterato tentativo di impedire la navigazione della Sea Watch verso Lampedusa (il più vicino porto sicuro), anche dopo che per 15 giorni Carola Rackete ha cercato una soluzione condivisa e soprattutto conforme al diritto internazionale.

Questi i fatti, questa la legge. Ma forse è anche la parte meno interessante di questa vicenda. Dopotutto, la Storia si ripete, forse non sempre uguale a sé stessa, ma tale da porci di fronte agli stessi dilemmi. Nel 1943, ad Arzo, un anonimo doganiere respinse Liliana Segre, che aveva 13 anni, consegnando lei e altre decine di inermi ai lager nazisti. Nel 1939 Paul Grüninger, capitano della polizia cantonale sangallese, venne rimosso e condannato per aver favorito l’ingresso in Svizzera di centinaia di ebrei in fuga da Hitler: la sua memoria verrà riabilitata soltanto nel 1995. La Storia ha illuminato di verità gli atti di Grüninger e di quel funzionario di dogana, permettendoci di giudicarli in modo consapevole. Quali che siano le nostre idee, non attendiamo l’occhio lungo della Storia per giudicare Carola Rackete. E chi, come lei, a volte disobbedisce.

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