Commento

‘Basta un Pompeo per fare tre Cassis’

Una rilettura della visita del segretario di Stato Usa a Bellinzona: ‘Bisognava anche osare dire che siamo europei’.

Ti-Press
5 giugno 2019
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Come si è visto domenica, fisicamente, basta un Pompeo per fare tre Cassis, per di più in una scenografia medievale che richiama antichi vassallaggi. Sarà caricaturale, ma è una raffigurazione emblematica e non si dica che non la si è pensata.

L’Iran, che sembra emerso da Castelgrande con spiragli di trattative, anche perché la Svizzera è ponte diplomatico tra Teheran e Washington, non è un caso politico come si vuol far credere (inadempimento sinora mai dimostrato di un accordo sottoscritto), ma una pedina-pretesto da muovere nel gran gioco della espansione americana. Richiama, per certi versi, le mai esistite armi di distruzione di massa dell’Iraq, ricco di petrolio e perciò da democratizzare. L’Iran è riportato nella strategia imperiale che trova la sua espressione nella “extraterritorialità della legge americana”. È da anni, ormai, che l’arsenale giuridico extraterritoriale americano viene continuamente rafforzato e utilizzato, con il dollaro come vettore inevitabile e condizionante, per imporre leggi e dottrine oltre i confini statunitensi. Con un doppio obiettivo.

Il primo è diplomatico: instaurare un legame di vassallaggio con gli Stati europei imponendo loro de facto la politica estera. Il caso dell’Iran è paradigmatico. Certamente più dimostrativo e zotico è l’intervento trumpiano sulla Brexit, con la proposta del metodo da adottare e dei personaggi idonei da mettere in scena. Le strategie imperiali sono però spesso cariche di ignoranza: l’Unione europea debole e sfatta, corrosa dalle illusioni sovraniste, cui dà purtroppo buona mano anche la Svizzera, preoccupata solo dal tornaconto economico, mimetizzandolo con la difesa dell’indipendenza e dell’identità, non giova solo agli Stati Uniti, alla loro potenza economica in ripiegamento, ma anche alla Cina fattasi sempre più espansiva e persuasiva e alla Russia di Putin manovratore astuto e non a caso benevolo, anche finanziariamente, con i sovranisti.

Il secondo è palesemente economico: indebolire i principali concorrenti delle imprese, delle multinazionali o dei monopoli informatici americani. La Svizzera ha già avuto drammatiche prove con le sue banche, che hanno abbondantemente alimentato in multe la Giustizia americana, anche per poter continuare ad operare negli Stati Uniti o nel mondo dei petrodollari. Le esigenze imposte con la famosa “compliance” le hanno poi trasformate di fatto in agenti delle autorità di Washington, incaricate di controllare le attività che fuori dal territorio americano non sono in conformità con le disposizioni americane. Ma su tutto questo si rimane silenziosi, mentre si osa fare la voce grossa solo con l’Unione europea per qualche intralcio ai servizi finanziari.

Forse a Pompeo, tra le mura e il prato di Castelgrande, bisognava anche osare dire che siamo europei, anche per trattare da pari a pari con le potenze che ci sovrastano e che non siamo comunque la bassacorte degli Stati Uniti, né per la politica, né per le banche, né per l’aereo da combattimento che dovremo scegliere.

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