Commento

L'euro ha creato fratture in Europa

Probabilmente i Paesi dell'Unione monetaria ora sono più preparati alle crisi ma anche più politicamente divisi

(Foto Ti-Press)
12 aprile 2019
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La zona euro è oggi più preparata ad affrontare una forte recessione. A dirlo non è la solita Banca centrale europea che per dovere istituzionale è tenuta a calmare e rassicurare i mercati sulla tenuta dell’economia di Eurolandia, ma gli specialisti di Ubs Global Wealth management che si sono esercitati a disegnare tre scenari possibili per il prossimo futuro. Si tratta di una sorta di stress test che tiene conto sia di quanto capitato nel recente passato e delle reazioni politiche di allora – spesso tardive – sia dei rischi corsi dalla stessa moneta unica. In un paio di occasioni dell’ultimo decennio (crisi greca, per esempio) l’euro è stato messo fortemente in discussione.

Per gli economisti di Ubs, però, la valuta europea nonostante i patimenti trascorsi e le forzature verso politiche di bilancio molto restrittive, aggiungiamo noi, gode ancora di un elevato grado di popolarità anche nei Paesi che più hanno subito gli effetti nefasti di una moneta che non rispecchia pienamente i diversi rapporti di forza economici e commerciali tra le varie economie continentali e che invece di appianare le differenze macroeconomiche, le ha esasperate.

Nei mesi scorsi l’agenzia d’informazione finanziaria Bloomberg, proprio in occasione dei primi venti anni di moneta unica, aveva provato a stilare una classifica delle 16 economie appartenenti all’Unione monetaria europea dividendole tra ‘vincitori’ e ‘vinti’. Inutile aggiungere che l’Italia, con altre economie mediterranee, si colloca nella seconda parte della graduatoria. In cima c’è la Germania. La Francia è invece a metà classifica. È un indizio evidente che qualcosa non ha funzionato e non per forza in sede comunitaria. “Legando la sua economia ad alta inflazione all’export tedesco senza adottare misure per aiutare le imprese a competere, l’Italia ha perso una guerra di logoramento”, scriveva Bloomberg. Fatto sta che dopo vent’anni, gli italiani da ‘euroentusiasti’ sono diventanti viepiù ‘euroscettici’. Un euroscetticismo che ha preceduto l’arrivo dell’attuale governo ‘populista e sovranista’, come è definito da chi confonde le cause con l’effetto.
Gli stessi esperti di Ubs ammettono però che l’attuale margine di favorevoli all’euro in Italia potrebbe azzerarsi in caso di grave recessione e dell’adozione di ulteriori politiche di bilancio restrittive o addirittura a causa di pressioni di mercato e di declassamenti del rating creditizio. Le conseguenze di una forte recessione non si limiterebbero però alla sola Italia. La Germania stessa sarebbe vittima del suo virtuosismo. Se un giorno i tedeschi dovessero pagare (interessi negativi) per tenere i soldi in banca, difficilmente si parlerà ancora di integrazione europea.

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