Commento

Andare a votare è importante?

Sì, per decidere assieme del nostro futuro. Non permettiamo che lo facciano solo quelli che hanno interessi personali o di pochi da salvaguardare.

2 aprile 2019
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Siamo concordi: queste elezioni non stanno scaldando gli animi. I dati del voto per corrispondenza registrano (per ora) una bassa affluenza alle urne e si teme che chi non andrà a votare e coloro che potrebbero votare scheda senza intestazione di partito (se non addirittura bianca) potrebbero registrare un balzo avanti.

Molto probabilmente ciò è da attribuire al fatto che i cinque ministri uscenti – che hanno già segnato un quadriennio all’insegna dell’unità e della concordanza senza polemiche nella stanza dei bottoni – si ripresentano. In questi casi i rispettivi partiti, visto che l’uscente desidera venir rieletto, tendenzialmente propongono liste senza sfidanti particolarmente forti. Quando invece il seggio da conquistare è libero, o l’uscente è azzoppato, ecco che le liste presentano sfidanti dai denti particolarmente affilati. Ci si sarebbe aspettati che, se non fossero stati i candidati, sarebbero stati perlomeno i partiti ad evidenziare le differenze. Differenze che ci sono, eccome! Invece, basta guardare i cartelloni per le strade, i santini o le pubblicità sui giornali, per capire che non si è fatto particolarmente uso di slogan acchiappa-voti, attingendo dai contenuti, ossia dai vari programmi elettorali. Questo modo di agire in superficie, malgrado una serie di promesse (persino iniziative popolari) uscite dai diversi congressi, finirà ancora una volta per avvantaggiare la Lega che domenica dopo domenica sa bene come fare suonando la grancassa del ‘Mattino’. Grancassa che parla molto bene dei suoi e bacchetta invece gli altri. Un ruolo, quello svolto dal foglio di via Monte Boglia, che permette di comunicare direttamente a un elettorato molto ampio e che (da troppi anni) non trova pari nelle altre forze politiche. Non che per riuscire ad aver successo si debba scimmiottare ‘il Mattino’, ma è chiaro che la comunicazione efficace (anche) in politica ha un peso e può risultare decisiva.

E allora, se i partiti (ad eccezione della Lega) non riescono a smuovere i nostri interessi, giusto disinteressarsi di loro? No, questo modo di pensare è pericoloso. Perché il diritto di voto, la possibilità di eleggere qualcuno a cui delegare la gestione della cosa pubblica – nella speranza che miri al bene comune! – è una conquista che dobbiamo tener viva. Se loro non sono più così capaci di comunicare, informiamoci noi, andiamo a vedere cosa hanno promesso e cosa hanno poi fatto, arrabbiamoci anche (qualcuno ha suggerito di indignarci), ma poi impegnamoci. Le ultime elezioni cantonali (Zurigo, Lucerna e Basilea Campagna) ci dicono che l’elettorato è preoccupato ad esempio per la questione ambientale e sta dando chiare indicazioni alle urne. Persino il Plr svizzero sta tentando, attraverso un sondaggio al 90esimo, di ricentrarsi chiedendo un parere alla propria base.

Altro esempio: quante volte abbiamo protestato per i continui aumenti dei premi delle casse malati? Ppd e socialisti hanno lanciato iniziative in merito. Esempi, questi, di tentativi per risolvere i nostri problemi con le ricette di questo o quel partito/movimento. Questo per dire che non è vero che la politica è necessariamente una lotta di potere e fra poteri. Guardiamo bene: c’è chi si impegna per risolvere i problemi in modo costruttivo e rispettando l’avversario, come c’è anche (purtroppo) chi mira a dividere, costruire muri o fare affari. Ma se dal basso, nel cittadino elettore, prevale il menefreghismo, il ‘tanto fanno sempre e solo quello che vogliono e conviene loro’, alla fin fine succederà che in politica si impegneranno solo coloro che hanno interessi (personali o di gruppo) da salvaguardare. Decidiamo dunque assieme del nostro futuro, andando a votare. Di alternative non ce ne sono. La democrazia non è un buon sistema, diceva Churchill, ma è il migliore che abbiamo.

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