Commento

La storia insegna: il bubbone prima o poi scoppierà!

Dopo i fondi ebraici, il riciclaggio e il segreto bancario, sarà la volta delle multinazionali?

14 marzo 2019
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«Quello di cui sono certo – e mantenete la registrazione nei vostri archivi – è che, se non sarà l’anno prossimo, comunque la Svizzera sarà costretta un giorno a prendere delle disposizioni. Così è stato per i beni ebraici, così è stato per il riciclaggio di denaro sporco, così è stato per il segreto bancario». Queste le dichiarazioni rilasciate ieri, ai microfoni della Rete1, dall’ex senatore e consigliere di Stato Dick Marty a margine del dibattito parlamentare sull’iniziativa sulle multinazionali responsabili, dopo che il controprogetto è stato trasformato dal Consiglio degli Stati in carta straccia.

Cosa ci dice la reazione di Marty? Che ci sono politici (o modi di fare politica) che guardano oltre l’immediato e che fondano maggiormente il loro agire su principi e valori più ideali; e ce ne sono altri, molto più pragmatici, che guardano all’immediato, e prioritariamente al borsellino che si può riempire oggi. Per il domani, be’, si vedrà!

Per carità, si tratta di due modi legittimi di affrontare le questioni. Sta però di fatto che la realtà è testarda. La storia insegna. Ad un certo punto, ricorderete, abbiamo dovuto fare i conti con grandi scandali scoppiatici in mano, che hanno causato danni all’immagine (e non solo) del nostro Paese. È stato il caso proprio nei tre delicati ambiti menzionati da Marty: fondi ebraici, riciclaggio e, da ultimo, segreto bancario. Denominatore comune sempre i soldi e noi svizzeri sempre a rimorchio.

Già, perché i soldi che il pragmatismo del borsellino garantisce, prima o poi, fanno gola anche ad altri Stati. Pensiamo ai miliardi che abbiamo detenuto nelle nostre banche, anche se non erano nostri (fondi ebraici); pensiamo a quelli che abbiamo aiutato a investire, anche se la loro origine era illegale (riciclaggio); o ancora a quelli che abbiamo aiutato a nascondere (segreto bancario) grazie ad un sistema che si limitava ad appoggiarsi sulle convenzioni di diligenza. Ossia, sull’impegno da parte delle banche, ribadito ad ogni scandalo con nuove e sempre più altisonanti promesse. Pensate: chi avrebbe mai detto, anche solo qualche anno fa, che il segreto bancario sarebbe saltato? Chi lo andava dicendo era considerato un gruppo di mosche bianche senza alcun amor patrio!

Qualcuno, a questo punto sulla questione delle multinazionali, potrebbe obiettare: sì, va bene, ma attendiamo che ci mettano con le spalle al muro e poi vedremo. Dobbiamo smettere di essere noi sempre i primi della classe.

Vero, si può pragmaticamente pensare anche così, all’opposto di chi (come Marty) si dimostra previdente e lungimirante. Ma c’è anche una via di mezzo, che è quella di rendersi conto che prima o poi proprio in quell’ambito il bubbone scoppierà, come una bomba ad orologeria. Crediamo/temiamo che quella delle multinazionali non responsabili sia proprio una di queste bombe. Far finta di non vederla, o di non sentirla ticchettare, è miopia. Se poi ci aggiungiamo la parola etica – grande assente nel dibattito di martedì agli Stati – il quadro è completo.

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