Commento

Provato, ma fiero e combattivo

Lo abbiamo ritrovato invecchiato – tra undici giorni per Joseph ‘Sepp’ Blatter le candeline da spegnere saranno 83 – ma combattivo

27 febbraio 2019
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Lo abbiamo ritrovato invecchiato – tra undici giorni per Joseph ‘Sepp’ Blatter le candeline da spegnere saranno 83 – ma combattivo. Provato da una vicenda che l’ha profondamente segnato sul piano personale e umano, ma ancora sul pezzo. Dotato di un carisma che non si è esaurito con il venir meno del grado di popolarità, alla cui flessione ha contribuito in maniera pesante la vicenda dei due milioni dati a Michel Platini per un mandato di cui c’è traccia solo nell’atto d’accusa, e non su un regolare contratto che i due ex dirigenti si sono guardati bene dal redigere.

Per dirla in maniera spiccia, un ‘dritto’ che ha ancora molto da dire sul giocattolo che gli hanno tolto dalle mani, che però lui sente ancora suo. L’ha ideato, concepito, e portato all’attuale opulenza. Che l’abbia dovuto cedere, non cambia la percezione che lui ha dell’intera vicenda che lo ha tolto di mezzo. Si è sempre professato innocente. Colpevole, semmai, di non aver visto tutto quello che stava accadendo sotto di lui. Ma, aggiungiamo, messo spalle al muro dalla responsabilità indiretta che lo inchioda a prescindere dal grado di colpevolezza.

Tante ne ha combattute e vinte, ma l’ultima battaglia l’ha persa, anche se i contorni del personaggio che è sempre stato e continua a essere non sono stati scalfiti. Ha avuto anni per rinforzare la corazza, aiutato in questa operazione da un orgoglio e da un’autostima fuori dal comune che continui a leggergli negli occhi. «Il rispetto di cui godo nel mondo del calcio è intatto», dichiarò convinto, sotto accusa e accantonato.

Controverso, machiavellico, discusso e discutibile, rimane un personaggio con una storia importante alle spalle. Una storia di conquiste, di grandi successi, chiusa da una caduta fragorosa, dal trono mondiale alla polvere dell’infamia, per effetto di quello che è passato alla storia come lo scandalo Fifa che ha sconquassato il governo del calcio.

Joseph Blatter, al netto della vicenda che ne ha sancito l’uscita di scena, lui che sul palcoscenico mondiale dava il meglio di sé, ha segnato gli ultimi vent’anni dello sport, ben oltre la dimensione specifica del mondo del pallone del quale è stato per anni l’indiscusso padrone.

O meglio, padre-padrone, per usare una definizione che lo stesso vallesano gradirebbe di più. Non che si sia mai fatto scrupoli circa il ruolo di leader maximo che si è costruito, ma non gli è mai nemmeno dispiaciuto essere considerato come l’ideatore di grandi riforme, colui che il calcio ha aperto a tutti i continenti, vendendosi (molto bene) come alfiere di valori quali la condivisione, la fratellanza, l’apertura. Sedicente illuminato, con tendenze da despota onnipotente, conscio del potere di cui ha goduto fino alla defenestrazione. Un potere di cui ha fatto sfoggio, con fare tutto fuorché discreto.

Ha sempre dosato arroganza e malizia con abili alchimie, ritagliandosi una popolarità che gli ha permesso di fare il bello e il brutto. È stato a lungo – i detrattori dicono ‘troppo a lungo’, lui invece avrebbe continuato volentieri – il ‘signor calcio’, accomodato su una poltrona calda ma tutto sommato confortevole, dalla quale è stato scalzato per effetto dell’ennesimo scandalo, quello definitivo, quello di troppo.

Tante ne ha viste e tante ne ha raccontate. Favella e arte oratoria non gli hanno mai fatto difetto. Al contrario, sono un tratto marcante della personalità spiccata di un personaggio controverso. Ribadiamo: un ‘dritto’: con meriti innegabili e torti che lo sono altrettanto. E a sentirlo parlare, non sembra nemmeno che il calcio non sia più suo...

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