Commento

Ci credono gente formidabile

Un tempo potevamo soltanto sperare di vederli suonare; oggi possiamo anche scrivergli, ai cantanti. Ma potrebbe capitarci di peggio: potrebbero risponderci

12 febbraio 2019
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Non credete ai cantanti. Solo in pochi cantano quello che pensano, solo in pochi sono quello che cantano. Credete, se preferite, a quello che simboleggiano, sposate le idee che sposano o le idee di altri che a volte bene rilanciano, a volte bene riciclano. Passate sopra i deliri di onnipotenza, prendete con le pinze le lettere aperte, disertatene le beghe di quartiere con i propri simili, lasciateli soli al delirio di sé. Ricordateli davanti a uno stadio pieno o ai pochi fortunati di un teatrino di provincia. Amateli per quello che sono e sono stati e non per quello che potevano o potrebbero essere.

Con l’avvento dei social la statua è caduta, il piedistallo è rovesciato. È la storia delle rivoluzioni e degli ammutinamenti dai quali nascono sempre il pensiero progressista – “finalmente è uno di noi” – e quello nostalgico – “lo preferivo prima" – per quel giusto distacco che un tempo conferiva all’artista una sua sacralità, perfetta per colmare la fame di eroi che in l’Italia è sempre stata atavica e che di recente si è fatta isterica. Perché un tempo, le stelle della musica, potevamo soltanto sperare di vederle suonare; oggi possiamo anche scrivergli, ai cantanti. Ma potrebbe capitarci di peggio: potrebbero risponderci.

I social hanno ricollocato la rockstar in dimensione ‘mangia, prega, ama’; il perno che legava il divo del pop alla base è stato allentato per sempre. Anche se per smontare alle fan idolatranti lo sciupafemmine di turno si potrebbe provare con un “ma che ne sai di lui, magari soffre di alitosi”. Una tecnica con la quale è possibile ridimensionare chiunque. Anche Scarlett Johansson.

Una regola non scritta dice (consiglia vivamente) di non incontrare mai il proprio idolo, perché se ne resterebbe delusi. Può capitare, in effetti, di attendere pazienti nel backstage di un grande della musica rock provando i pennarelli, anche quelli di scorta, per non fallire l’autografo sulla sua ultima opera; fino a trovarselo di fronte, il grande, senza riconoscerlo perché si è da poco ritoccato il viso. Verrebbe da dirgli: ma come, indossi la stessa t-shirt da 50 anni, hai cantato le malefatte dei potenti, ti sei fatto arrestare per salvare il pianeta affamato, sei diventato vegano; ora vuoi spiegarmi come s’inserisce nella tua poetica il lifting?

Anche i social, in realtà, ci hanno smontato gli idoli. Deve averlo capito chi gestisce la reputazione digitale di Vasco, che un giorno scoprì Facebook e a qualcuno venne da chiedersi se quelle splendide storie di vita vissuta le avesse scritte davvero lui. Quei soliloqui, fortunatamente, non ci sono più. “Ci credono gente formidabile, delle divinità”, cantava nel 2009 Francis Cabrel il De Gregori francese, entrambi devoti di Bob Dylan – Francesco e Francis – da farci un album a testa coi testi tradotti. “Ci credono una chance per l’umanità – cantava Cabrel – credono che ci basti apparire in pubblico per dare felicità. E infatti la gente ci ama. E poi ci lascia. Ed è senz’altro meglio così”.

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