Anche dal Congresso la conferma: buona la lista azzurra, ma fra Beltraminelli e De Rosa sarà lotta all'ultima scheda!
Sabato, alla giornata azzurra per il calcio d’avvio della campagna elettorale del Ppd, gli ingredienti per far sperare in un buon successo alle urne c’erano tutti. A cominciare dall’intervento del presidente nazionale, Gerhard Pfister, incentrato sull’importanza e la differenza a livello federale fra dirsi Ppd o appartenenti ad altre formazioni politiche. Una sorta di galvanizzante lezione politica di civica e identitaria per i suoi. In apertura sono poi risuonate anche le note della ‘Bionda aurora’, con tanto di enorme bandiera svizzera e il Filippo nazionale sul palco mano sul cuore, insieme a tutti i 600 convenuti alzatisi in piedi. Un rito per ricordare che la Svizzera non l’hanno costruita i populisti sé dicenti arcipatrioti, ma i mediatori. Ovvero il centro dei tanti equilibri. È stato anche proiettato un filmato per ripercorrere i due anni di presidenza Dadò, col partito che ha provato ad andare maggiormente ‘tra la gente’. E, a dire il vero, andando sul concreto, la squadra di Dadò di cose ne ha fatte: dalla battaglia contro la demolizione dell’Infocentro, alla raccolta di firme in vari ambiti (fra i quali spicca la mobilitazione per dare un taglio all’aumento dei premi delle casse malati e, su un altro fronte, la richiesta di sanzioni più dure contro i pedofili).
E allora, di fronte a tutto ’sto po’ po’ di iniziative, avanti tutta e successo ad aprile super assicurato? Beh, i primi a sapere che, oltre all’impegno, ci vorrà tanta capacità di mobilitazione e un pizzicone di fortuna sono gli azzurri medesimi. Perché già nel discorso di Pfister – che lo ha spiegato molto bene alla platea – questo è il momento storico in cui ‘la coesione delle nostre società sta vacillando’: dagli Usa di Trump, alla Francia dei gilets jaunes, alla Germania dell’Afd, all’Italia dei grillini, all’Inghilterra della Brexit. Come dire: il vento gelido che spira per l’Europa, signori, potrebbe anche soffiare contro i nostri valori di centro. E, aggiungiamo noi, in taluni cantoni il risultato è già lì da vedere: il Ppd soffre parecchio e perde piume. Inoltre, passando dal macro al micro, Dadò, pur senza nominare mai esplicitamente le ben note vicende ticinesi che hanno macchiato e indebolito lui e Beltraminelli, ha fatto accenno agli ‘attacchi subiti dal Ppd a 360 gradi’, dicendo che le ‘sirene del disprezzo e dell’odio hanno ammaliato purtroppo anche alcuni amici, che sono cascati ingenuamente a fare il gioco degli altri’. Che dire? Che, su questo si sbaglia: le questioni, sollevate facendo macinare persino la Commissione d’inchiesta parlamentare, non erano dettate dalla voglia di disprezzare e attaccare chicchessia, ma erano di sostanza politica e di etica pubblica. Concludendo, il Ppd in queste elezioni deve fare i conti coi venti mutanti a livello nazionale e con gli effetti di quanto successo a livello cantonale al Dss (e non solo). Vicende salite alla ribalta politica che hanno avuto un impatto interno al partito che – è la nostra sensazione – significa, in concreto, la possibilità di scegliere il 7 di aprile in particolare fra Beltraminelli e De Rosa. Per rendersi conto dei possibili effetti, si dovrà semplicemente attendere l’esito delle urne. Per ora a Castione abbiamo registrato le orecchie tese della platea, quando, decidendo di non voler fare il solito discorso politico, mostrando a tutti le proprie mani e toccando le corde delle emozioni e dei ricordi, Raffaele De Rosa ha raccontato di essere quello che è anche grazie ai calli dei suoi avi. Non sappiamo se sarà sufficiente l’originalità per ottenere la necessaria messe di voti e battere il più navigato (sul Ceresio) ministro uscente che ieri ‘il Mattino’ dava comunque sempre in pole position. Ma quello che si può dire è che sabato si è avuta nuovamente la conferma che all’interno della lista (che offre un ventaglio di candidati interessanti) la lotta sarà serrata.