Commento

Scandalo Argo1: ecco cosa ci ha insegnato

Fra omissioni, reticenze, segreti e ritrattazioni di tanti, mentre Beltraminelli ha sottovalutato il problema e sopravvalutato le capacità dei funzionari

7 febbraio 2019
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The end: la Commissione parlamentare d’inchiesta ha consegnato il rapporto. Giusto chiedersi: a cosa serve tutta la luce fatta dentro i cunicoli dello scandalo Argo 1? A molto. Certamente, a togliere i veli su un certo modo (inaccettabile) di amministrare il delicato settore dell’asilo: ovvero ‘in ripetuta violazione delle principali regole alla base della gestione della cosa pubblica’ e ‘con carenze nel personale dirigente anche gravi’. A scriverlo, signori, è l’Inquirente che per mesi ha indagato. Inquirente che – a proposito dei beneficiati dei mandati diretti (senza base legale) attivatisi con ‘gesti di cortesia’ nei confronti di una funzionaria – a chiare lettere afferma che la signora ‘avrebbe fatto meglio a declinare l’offerta’. Si sperava forse di poter contare su certe aderenze politiche? Non lo sapremo mai!

Ma l’indagine dentro il polverone Argo ci conferma anche che i beneficiati hanno lasciato un bel buco scoperto (oltre 78mila franchi) negli oneri sociali sulle spalle di chi li faceva vivere (lo Stato) e che nella vicenda non c’era solo fumo, ma anche tanto arrosto. Ora la Commissione propone correttivi e raccomandazioni da attuare affinché ciò non succeda più; misure che si sommano a quelle già adottate dal governo. Buona cosa.

Ma lo scandalo sotto il sole ticinese ci ha (purtroppo) mostrato anche il lato oscuro di una certa parte dell’amministrazione e della politica. La Cpi scrive che ‘omissioni, segreti, reticenze, versioni concordate, ritrattazioni sono spesso stati al centro dei suoi interrogatori (…) e che se tutti avessero detto la verità con umiltà e trasparenza sin dall’inizio, si sarebbero risparmiati molto tempo e molto denaro, e si sarebbero evitate tante parole inutili e molti sospetti’. Fra i segreti figura anche quello di un presidente di partito, membro della Gestione, che ha sottaciuto ai colleghi i suoi incontri – fra i muri delle Orsoline e le nevi di Bormio – mentre i commissari della Gestione si stavano chiedendo che cosa fosse successo, delegando poi a una loro sottocommissione di svolgere le prime analisi. Non da ultimo il rapporto Cpi ci fa capire cosa significhi porsi una domanda semplice – ma perché venne incaricata la neonata Argo 1? – e (malauguratamente) non riuscire a ricevere una risposta convincente. E ciò benché quell’attribuzione sia stata analizzata da magistratura, parlamento (attraverso la sottocommissione vigilanza e la Cpi), dall’esecutivo con l’ex pp Marco Bertoli e attraverso inchieste amministrative.

Se però non c’è ancora, né ci sarà mai, una risposta ‘Why Argo?’, gli impatti della vicenda ci sono e sono perlomeno di due tipi: amministrativi e politici. Amministrativi, visto che diversi attori (funzionari) che dovevano rispondere delle loro azioni sono stati chiamati in causa ed è venuta a galla una buona dose di malagestione e approssimazione, che ora si spera (grazie alle misure proposte) finisca qui. Anche se non giova comunque alle istituzioni constatare che, fra legislativo-Cpi ed Esecutivo, persistono alcune (sostanziali) differenze di vedute. C’era o non c’era l’emergenza sul fronte dell’asilo? Dati oggettivi dimostrano che non c’è sempre stata. E il dipartimentalismo?

Ma veniamo al fronte politico. Inutile negarlo, Argo 1 ha lacerato il Ppd: dalle uscite non casuali del consigliere nazionale Regazzi e del sindaco di Massagno Bruschetti alla Rsi; al significativo voto interno al Ppd, che ha promosso a pieni voti il candidato al Consiglio di Stato Raffaele De Rosa impostosi sul ministro uscente (vittima di ‘eccessi di fiducia verso i suoi collaboratori’); a quel tentennante ‘non vado’, ‘vado?’, ‘eh no, non vado’ in lista del presidente azzurro. Ma qui, per capire definitivamente se ci sarà o meno una sanzione politica, si dovrà attendere aprile.

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