Commento

Rimborsi: un brutto spettacolo

Lo storico Andrea Ghiringhelli: 'Questo clamoroso affare ci dice che la politica non ammette i propri torti ma si assolve con sotterfugi poco dignitosi'

31 gennaio 2019
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La politica sta passando momenti poco felici, e conosciamo i riscontri. La frattura con la società civile è diventata una voragine, la democrazia rappresentativa è contestata e i governanti più che rappresentanti dei cittadini sembrano oligarchie chiuse a difendere gli interessi di casta, i partiti sono ritenuti inaffidabili, ridotti a maschere che celano gli interessi di piccole e grandi consorterie, e il partito più grande è quello del non voto e della scheda bianca. Sono critiche perentorie, qualche volta eccessive, ma ciò che conta è la percezione dei cittadini, e onestamente lo spettacolo offerto non è di prima scelta. 

Non è casuale che gli analisti parlino di impero della mediocrità, di mediocrazia. Una volta, nella democrazia dei partiti, i partiti erano sorretti dall’elettorato di appartenenza che li votava a prescindere dalla politica messa in atto: c’era la bandiera da difendere e se chi la sorreggeva non era sempre degno del compito, pazienza. L’importante erano gli ideali. Oggi l’elettorato è magmatico, liquido, volatile, e i partiti non lo controllano più: e per un numero crescente di elettori a contare sono le emozioni radicate nel presente. Lo hanno capito bene i movimenti populisti che sull’esasperazione delle emozioni (le paure dell’altro, la sicurezza che non c’è, il lavoro che viene rubato, l’Europa che ci schiaccia ecc.) hanno costruito le loro fortune elettorali. E anche i partiti tradizionali sono diventati liquidi, esposti agli umori del presente, e quindi propensi a cercare il consenso evitando di contrastare troppo l’onda emotiva e di toccare i problemi sensibili. 

Come recuperare la fiducia dei cittadini?

In che modo recuperare la fiducia dei cittadini, come ridare credibilità alle istituzioni e ai partiti come forme di rappresentanza organizzata delle istanze della società civile? È il grande dilemma, le ricette sono incerte, e una cosa è assodata: i partiti danno l’impressione di essere organismi autoreferenziali, di non avere bisogno dei cittadini (salvo ovviamente nei periodi elettorali), di avere scarsa capacità di autocritica, e infatti il più delle volte si autoaffondano. 

Illustri intellettuali ci ricordano che il primo passo sarebbe il recupero di una dimensione dimenticata: quello della responsabilità politica che non può essere mai disgiunto dal rigore etico.

L’affare clamoroso dei rimborsi ci dice che la politica sta andando nella direzione opposta, non ammette i propri torti, ma si assolve con sotterfugi poco dignitosi: secondo alcuni l’irrilevanza penale chiude il contenzioso, per altri il niente di fatto si giustifica perché il parlamento non è un tribunale, altri ancora danno la colpa all’esagerata opposizione. A questi signori sfugge un particolare: il parlamento non deve emettere sentenze, bensì vigilare, orientare, dare indicazioni perentorie e non scusare l’opacità dei comportamenti. Se una cosa è risultata a tutti evidente, a prescindere da torti e ragioni, è che in queste faccende le posizioni sono state un atto di sudditanza alla convenienza di partito e agli interessi di bottega. E ancora una volta chi esce sconfitta è la buona politica: non è certo questa la strada per riconquistare credibilità e fiducia. Ma questa consapevolezza non mi pare acquisita.

Giuseppe Lepori, uomo di ampia cultura, fine costituzionalista, e statista di spessore, disse a proposito della Commissione della gestione che essa deve rispondere alla necessità di creare un’atmosfera di fiducia tra le autorità e tra queste e il popolo: per logica estensione del concetto, è questo il compito del parlamento e che il parlamento ha disatteso. I partiti, per dirla con un noto studioso, dovrebbero essere “il principale coefficiente di una educazione politica democratica”. Certamente non lo sono stati in questo frangente, e noi cittadini abbiamo assistito allo spettacolo poco decoroso di partiti di governo che più che rappresentare la volontà dei cittadini nel governo hanno rappresentato un brutto governo nella società.

 
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