Commento

Officine: vincenti e perdenti

Lo scontato ok parlamentare dato ieri alla partecipazione cantonale di 100 milioni per la nuova officina Ffs prevista a Castione

23 gennaio 2019
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Lo scontato ok parlamentare dato ieri alla partecipazione cantonale di 100 milioni per la nuova officina Ffs prevista a Castione mostra che la politica, per raggiungere un obiettivo, non esita a capovolgere talvolta il normale ordine delle cose. Lo fa con modalità in fondo pragmatiche nel tentativo di dare un futuro a qualcosa. D’altronde ad essere capovolti – sfiorando la disparità di trattamento – sono stati alcuni principi che dovrebbero valere nella gestione delle risorse pubbliche. Infatti all’Hcap in procinto di realizzare la nuova Valascia – garanzia di mantenimento di importanti posti di lavoro nell’Alta Leventina – le autorità sussidianti hanno fatto il contropelo esigendo chiarezza su business plan e mezzi propri. Per contro le Ffs sono state trattate con maggiore riguardo. Questo perché come merci di scambio c’erano sia il passaggio di proprietà a Città e Cantone di metà dello storico comparto industriale cittadino, sia un piano d’investimenti ferroviari per centinaia di milioni in Ticino. Non era dunque il caso, per dirla con Meyer, di tirare troppo la corda.

Tuttavia il dibattito che ha preceduto la decisione di ieri ha bene evidenziato come le Ferrovie non abbiano presentato al Gran Consiglio né alla sua Commissione della gestione un piano di fabbrica. È solo stato sussurrato che un business plan esisterebbe. «Camminiamo bendati», ha detto un membro della Gestione. Di peso, peraltro, il 30% di ‘sì’ alla richiesta di Matteo Pronzini (Mps) di rinviare la discussione a febbraio o marzo quando il plenum affronterà l’iniziativa popolare ‘Giù le mani’ che chiede un progetto industriale più completo e articolato rispetto a quello ipotizzato dalle Ffs. L’iniziativa che durante lo sciopero del 2008 aveva raccolto quasi 15mila firme dovrà invece aspettare, messa sul binario di rallentamento sia per far transitare il diretto chiamato ‘nuova officina di Castione’, sia per combaciare con la discussione sul controprogetto presentato dal Ps a un minuto dalla mezzanotte. Mossa, quest’ultima, il cui primo effetto è stato la separazione del dibattito sui 100 milioni da quello sull’iniziativa.

Chi ne esce vincente? Parzialmente l’Alto Ticino, che con la proposta messa sul piatto d’argento d’insediare lo stabilimento a Bodio-Giornico riattivando il comparto ex Monteforno ha dimostrato – mobilitandosi con intelligenza – di avere alcune carte da giocare. Ma basteranno i due emendamenti accolti dal parlamento? Vincente ne esce soprattutto la Città di Bellinzona desiderosa di sostituire la vecchia officina con contenuti residenziali, amministrativi, commerciali, scolastici, aggregativi e tecnologici moderni e di qualità (questa, sulla carta, l’intenzione). Vincenti ne escono le Ferrovie che nello stesso comparto potranno realizzare la ‘banca’ (uffici e appartamenti) con cui finanziare la nuova officina.

Più volte perdenti, invece, le maestranze delle Officine. La prima volta nel 2013 alla sottoscrizione di una dichiarazione d’intenti che confermava l’allora volume di lavoro quale base di partenza su cui sviluppare scenari futuri; si è poi capito che si trattava di una dichiarazione non vincolante, sostituita a fine 2017 dalla lettera d’intenti sottoscritta da Ffs, Città e Cantone che ha portato spediti allo stanziamento pubblico di 120 milioni per uno stabilimento moderno, garantito per 40 anni, ma con la metà dell’odierna forza lavoro. La seconda volta perdenti ieri, con la posticipazione del dibattito sull’iniziativa. La terza arriverà quando il Gran Consiglio la affosserà fra uno o due mesi. Se anche la popolazione nel mese di maggio andrà in quella direzione, il Ticino dirà addio a un ‘modo operaio’ di difendere il passato e il presente. Il nuovo futuro è un’altra storia.

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