Commento

Sport mai banale né scontato

La storia di un 2018 in cui, sul piatto della bilancia di emozioni e soddisfazioni, le gioie olimpiche sono state compensate dalle delusioni russe

2 gennaio 2019
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È stato anno olimpico, il 2018 (Giochi invernali), e anno dei Mondiali di calcio. Due eventi planetari che hanno catalizzato le attenzioni degli appassionati di sport.

Le Olimpiadi, più del pallone, sono di tutti. Sponda elvetica, quelle invernali sono tradizionalmente prodighe di allori.

Appartengono a tutti, però, anche i Mondiali, coinvolgenti come poche altre manifestazioni, benché non tutti siano affezionati al calcio e alle sue dinamiche. È la forza della Coppa del mondo, quella di coinvolgere più o meno tutti.

Chi direttamente, chi solo marginalmente, venendo comunque contagiato dalla febbre mondiale, che sia a casa, davanti a uno schermo gigante, o solo nei suoi pressi, birretta alla mano, per accompagnare chi il calcio lo segue per davvero.
Quante gioie, ai Giochi di Pyeongchang: record di medaglie, per la Svizzera: ben quindici, come nell’edizione del 1998, a Calgary. Con una differenza, rispetto alla località canadese: gli ori in Corea sono stati cinque, per un bilancio complessivamente molto ricco. Una conferma, per un Paese che brilla per tradizione e successi in ambito invernale, e che da discipline relativamente nuove (freestyle e affini) ha tratto linfa vitale per rinverdire fasti che con il solo sci alpino diventa difficile tramandare.

Sul piatto della bilancia delle emozioni e delle soddisfazioni, le gioie olimpiche sono state compensate dalle delusioni russe.

I Mondiali di calcio per la Svizzera passano alla storia del calcio e dello sport nazionale come quelli della solita uscita di scena agli ottavi, della solita occasione persa. Non bastasse, anche come quella delle famigerate aquile che planarono sulla Serbia causando una serie di conseguenze negative e alimentando polemiche che hanno scosso anche Palazzo, crollato sotto i colpi delle polemiche per gesti che originariamente furono colpevolmente sottovalutati.

Ma siccome lo sport è una ruota che gira, e per ogni rotazione andata male ce n’è pronta una che va via liscia e rimette in carreggiata, ecco la Nations League che la Nazionale rossocrociata uscita malconcia dalla Russia ha preso seriamente, trovando una sorta di consacrazione ai più alti livelli ai quali bussava da anni. Toc, toc, possiamo entrare? Il Belgio ha detto sì. I Diavoli Rossi sono stati esorcizzati a Lucerna, con una prestazione magistrale valsa la fase finale in Portogallo. Un piccolo capolavoro, seguito a un piccolo grande disastro. Sull’altalena delle emozioni che è lo sport, ci sta di cadere e rialzarsi, di regalare dolori e gioie, poco importa in quale ordine.

Ne sa qualcosa – di alti e bassi – anche Roger Federer, trionfatore a Melbourne a inizio anno, in altre circostanze sconfitto, in un’alternanza tra successi e battute a vuoto alla quale è giusto abituarsi, per quanto difficile (addirittura ingiusto) possa essere vederlo uscire da un torneo prima del tempo, prima dell’ennesimo trionfo. È salito a quota 99, ha la cifra tonda nel mirino. Non mancherà di tagliarlo, il traguardo dei 100 tornei, ma il cammino verso la gloria (di cui già è ricco da fare invidia) passerà anche per lui attraverso qualche delusione. Per qualche stagione, lui le leggi dello sport le ha riscritte, inventandone di proprie. Nell’anno che lo porterà verso il trentottesimo compleanno, però, non può che accettare anch’egli le regole del gioco: oggi vinci, domani perdi. Lo sport è bello perché sa ancora sorprendere. Il 2019, per quanti sforzi possa fare, per quante sorprese si appresti a regalarci, non riuscirà a sottrarsi a questa logica.

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