Commento

Un riassetto benvenuto

All'insegna della stabilità e della concordanza l'elezione di Viola Amherd e Karin Keller-Sutter. Nuova dinamica in governo nei rapporti con l'Ue?

(Keystone)
6 dicembre 2018
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Non siamo ancora a quell’‘equa rappresentanza’ in Consiglio federale alla quale le donne di questo Paese (maggioritarie nella popolazione) potrebbero legittimamente aspirare. E altrove (in Parlamento) siamo messi perfino peggio. Ma non facciamo i difficili. Ieri mattina due di loro – la consigliera nazionale Viola Amherd (Ppd) e la consigliera agli Stati Karin Keller-Sutter (Plr) – sono state elette. In un sol colpo (non era mai successo!), già al primo turno, e con un risultato addirittura migliore di quello ottenuto nel 2006 da Doris Leuthard. La residuale presenza femminile (Simonetta Sommaruga) in governo è stata rafforzata in modo significativo. Il Plr, trent’anni dopo le dimissioni della sua prima e unica consigliera federale (Elisabeth Kopp), pare avere superato il trauma. Con la vallesana Viola Amherd, inoltre, i cantoni alpini disporranno d’ora in poi di un’altra voce (assieme a quella del ticinese Ignazio Cassis) ai vertici dello Stato. Stessa cosa per i cantoni di frontiera, con la sangallese Keller-Sutter. Bene così.

Bene così anche per un’altra ragione. Non c’è stato nessun esperimento, nessun candidato selvaggio tirato in ballo all’ultimo momento; a parte l’immediata, inattesa uscita di scena della rivale di Viola Amherd (la consigliera di Stato urana Heidi Z’graggen), davvero non c’è stata alcuna sorpresa. Un doppio rinnovo del Consiglio federale «all’insegna della continuità e della sicurezza», lo definisce il politologo Iwan Rickenbacher (vedi pagina 3). «Un buon giorno per la democrazia» e per «la concordanza come elemento della stabilità», secondo il presidente dell’Udc Albert Rösti. Manca meno di un anno alle elezioni federali; il contesto internazionale non è dei più sereni (Brexit, relazioni con l’Ue, protezionismo commerciale, reflusso populista in Europa e altrove, rimessa in discussione del multilateralismo ecc.); e sul tavolo del governo si sono impilati dossier cruciali per il futuro del Paese (il risanamento dell’Avs, la riforma della fiscalità delle imprese, il costante aumento dei costi della salute, solo per citarne alcuni). Non si poteva quindi sperare meglio da questa doppia elezione. In effetti, il Consiglio federale negli ultimi tempi è apparso in più di un’occasione diviso davanti all’opinione pubblica, e di quando in quando in affanno al cospetto del Parlamento. Aver riacquistato un secondo rappresentante dell’Udc (2015) e uno del Ticino (2017) non è evidentemente servito a granché. Per questo anelava a un supplemento di tranquillità. Il Parlamento ieri gliel’ha concesso.

Tranquillità, intendiamoci. Per il resto non sono da attendersi cambiamenti fondamentali. La linea politica dell’esecutivo non è destinata a mutare in maniera sostanziale. Anche perché le differenze tra i due uscenti e le due neoelette sono da cercare col lanternino. Ma «ogni nuovo membro porta in un gremio nuove idee e nuovi modi di vedere», ha detto Keller-Sutter. Se davvero sarà così, è tutto da vedere. Già domani, quando verranno ripartiti i dipartimenti (novità non sono da escludere). E quando il governo comunicherà cosa intende fare dell’accordo quadro con l’Ue. Le neolette non prenderanno parte alla decisione. Ma è possibile che, prima o poi, il loro arrivo inneschi una nuova dinamica nelle relazioni con l’Unione europea. Karin Keller-Sutter lo ha già detto fuori dai denti: nessun abbassamento del livello di protezione salariale, altrimenti ce lo sogniamo di vincere la prossima votazione sull’iniziativa Udc per abolire la libera circolazione; e poi la Svizzera deve continuare a poter decidere autonomamente in quest’ambito. Esattamente quel che sostengono i sindacati, esattamente ciò che non vuole l’Ue. Cosa vorrà dire?

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