Commento

Quadri, l’Olocausto e la dissonanza cognitiva

Avete presente quando fate due cose contraddittorie nello stesso tempo? Ecco, una roba così

wikipedia
5 dicembre 2018
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Mi presento: mi chiamo Dissonanza Cognitiva. Un nome strano, dite? E ci credo: me lo ha dato il mio psicologo, Leon Festinger. Anche se dai triclini imperiali ai lettini freudiani, è già da un pezzo che giro. Non sono una malattia, mi avete incontrato tutti: compaio senza che ve ne accorgiate, ogni volta che sposate idee o comportamenti contraddittori fra loro. Sono il disagio di quando fumate pur sapendo che fa male. O quando giurate che andrete a letto presto e vi attaccate a Netflix.

L’altra sera, per dire, ero da Lorenzo Quadri. Lo stesso il cui ‘Mattino’ parla sempre di ‘finti rifugiati’. Stavamo leggendo un articolo su Liliana Segre, senatrice a vita in Italia, che porta sul braccio i numeri che le tatuarono ad Auschwitz. Vi sembrerà folle, ma per lei quella sovranista è tornata “l’Europa dell’indifferenza”, denominatore comune fra ieri e oggi.

E insomma, Segre è venuta a Lugano a incontrare gli studenti ticinesi. In quella Svizzera che le chiuse la ramina in faccia quando cercava di scappare dall’Olocausto: a tredici anni, una guardia che credeva alla storiella dei ‘finti rifugiati’ rispedì la sua famiglia verso la morte. A salutarla, com’era doveroso, c’era il direttore del Decs. Le ha chiesto scusa e ha detto di sperare che “quell’errore non si ripeta più”, come ha poi fatto anche il sindaco di Lugano. Un po’ retorico, magari, ma normale.

A quel punto Quadri – uno che chiuderebbe le frontiere a doppia mandata – mi ha fissato con gli occhi di un cerbiatto sorpreso dagli abbaglianti di un camion. “E adesso cosa faccio, Diccì?” (Siamo intimi, lo avrete capito). Non è bello, quando ti arriva la dimostrazione vivente di cosa succede ad alzare muri, del fatto che fomentare odio contro i “migranti economici con lo smartphone” rischia di finire male.

Ma dal disagio nasce il genio, alle volte: “fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità d’esecuzione”, per dirla con ‘Amici miei’. Sicché ci è venuta un’ideona. Apriamo Facebook e scriviamo quanto segue: “Intanto che il compagno direttore del Decs ne approfitta per farsi campagna elettorale (e naturalmente per fare propaganda pro frontiere spalancate), la sua area politica continua a diffondere odio contro Israele, alimentando l’antisemitismo. E sempre la sua area politica insiste per far entrare tutti i finti rifugiati, parecchi dei quali sono islamisti antisemiti. Grazie all’immigrazione illimitata, voluta in prima linea proprio dai sinistrati multikulti, l’antisemitismo prende piede in Europa”.

Dai, ammettetelo: son stata buona. Mettete che si rendesse conto del filo rosso fra antisemitismo e campagne anti-migranti. Fra la demonizzazione degli ebrei e quella degli stranieri tout court. Roba che mi finisce a Mendrisio (che poi magari le medicine gliele porta un infermiere italiano: brividi). E invece io cosa ti combino? Taaac! Gli lascio afferrare il salvagente dell’equazione fra critiche a Israele, accoglienza dei migranti e odio antiebraico. Così mi si distrae un po’. Non per vantarci, ma qui stiamo suggerendo che l’antisemitismo è una roba progressista e d’importazione, dopo duemila anni di prove contrarie. Questa è classe, ragazzi.

Adesso però vi saluto, vado a fare un giro da Norman Gobbi e Claudio Zali. Sono anni che si fanno tirare la volata da certi propagandisti, salvo poi far finta di essere pacati uomini delle istituzioni. Più dissonanti di così.

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