Commento

La voglia di raddoppio Plr e la resistenza dei socialisti

Chi sarà più bravo nel convincere l’elettorato più che coi braccialetti, bastoni e slogan – si spera – coi contenuti?

19 novembre 2018
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Candidati al governo in passerella in due congressi nutriti di simboli e contenuti, con una scintilla iniziale (culturale) accesa dai socialisti che ci è parsa (oltre che interessante) raffinata. Cominciamo dunque da qui: da Fabio Pusterla, uomo di cultura, a cui è stata affidata la riflessione in apertura dei lavori del Ps. L’uomo di lettere (e di scuola) si è soffermato sul saluto iniziale (‘cari compagni’), interrogandosi sul significato di ‘cari’ (riconoscere il valore di qualcuno e allora come la mettiamo con le frammentazioni a sinistra?) e ‘compagni’ (immaginiamo i nuovi diritti, varchiamo i nuovi confini). Come dire: le parole hanno un senso che forse oggi dimentichiamo. La scossa ideale/emotiva, data dall’intellettuale che scende nell’arena, è stata recepita, tanto che c’è stato chi in quel di Arbedo si è chiesto, sottovoce: ‘Ma perché non hanno messo lui in lista?’. Battute (o auspici) a parte, è stato coraggioso delegare per un attimo di lucido sogno, ma anche di respiro ideale, la politica all’intellettuale. Un esempio di ‘ritorno alla cultura’, in anni di imbarbarimento e superficialità, interessante anche per altre formazioni politiche che rifuggono i populismi.

In apertura dicevamo anche dei simboli. Sì, perché sono due gli oggetti messi sotto i riflettori dei congressi che, crediamo, ritroveremo nei mesi a venire. Il Plr, riunito a Locarno, ha puntato su un braccialetto blu con la scritta #Facciamolo. Che cosa? Rimboccarsi le maniche, trasformare le parole in azioni concrete, ma per farlo – ha avvertito il presidente Bixio Caprara – ci si deve sporcare le mani, entrare nel fango. Lui lo ha platealmente fatto togliendosi la giacca e slacciandosi i polsini. Come dire alla truppa (assopita da anni di solida maggioranza relativa ormai andati) che il raddoppio è possibile, è dietro l’angolo, ma ci si deve credere e lo si deve conquistare lavorando. Le premesse, hanno lasciato intendere i liberali, ci sono tutte: dal buon lavoro fatto dal ministro uscente Christian Vitta (riequilibrio delle finanze cantonali e mercato del lavoro con risultati incoraggianti), ai risultati del Plr svizzero col vento in poppa, al consenso ottenuto dal capogruppo Alex Farinelli (unico intervenuto a braccio). Filo rosso negli interventi dei vari candidati del Plr (sarà un caso?): rimettere a posto la scuola davanti alle ardue sfide che l’attendono al suo interno (motivare i docenti e offrire nuovi curricola agli allievi) e all’esterno (fra vent’anni ci saranno oltre il 50% di professioni che oggi non conosciamo). Certo è che tutta questa premura di occuparsi di formazione lascia intendere (anche se non è stato detto esplicitamente) che il Plr, oltre che alle finanze, punta all’educazione. Quindi al seggio di Manuele Bertoli.

Ma se i liberali non hanno fatto apertamente nomi di partiti e candidati da ‘combattere’, il Ps è stato molto più esplicito. Gli avversari che vogliono i socialisti fuori dal governo (Righini dixit) sono il Plr e l’Udc. Ancora più chiaro è stato il ministro uscente (il Plr ha fatto della perdita della direzione del Decs una questione di potere… quasi come se gli appartenesse), aggiungendo – fra chi è pronto a fare loro le scarpe – anche chi a sinistra ‘pretende di essere sempre meglio di noi’. Così Bertoli, puntando su un altro simbolo, il suo bastone per ciechi, lo ha tinto di rosso, colore della passione e ‘della giusta reazione contro le ingiustizie’. Quelle ingiustizie che ancora ci sono nel mondo del lavoro, nella società, nell’esercizio e nella conquista dei diritti. Vedremo chi sarà più bravo nel convincere l’elettorato più che con braccialetti, bastoni, slogan, soprattutto – si spera – con contenuti e un sano confronto dialettico oltre il famoso ‘cadreghin’. La lunga marcia verso aprile per chi vuole raddoppiare e chi non vuole affatto uscire di scena è ormai partita.

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