Commento

I cuori, i denari e il Principe

Il dilemma morale (risolto) di chi sulla montagna locarnese ha venduto casa e terreni a favore del mega progetto alberghiero confederato

Uno dei terreni acquisiti
23 ottobre 2018
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La risposta migliore al quesito se fosse eticamente e moralmente accettabile, da figlio di una terra quasi dimenticata, prestarsi ad una parziale “spoliazione” a favore di un progetto per ricconi, ce l’aveva data un privato cittadino residente al Monte Brè sopra Locarno che lungamente ha trattato la cessione di casa e terreno: «È vero che ho dovuto mettere una mano sul cuore – aveva dichiarato –; ma l’altra era sul borsellino».

Come dargli torto? Tanto alte sono le mire dei promotori immobiliari che vogliono “rivalutare” – dal loro punto di vista – la zona montana fra Brè e Cardada impiantandovi strutture turistiche extralusso per danarosi clienti in cerca di quiete e relax, quanto convincenti possono risultare gli “argomenti” da loro utilizzati con i proprietari locali per concretizzare l’operazione.

Non ci hanno messo troppo, infatti, le sirene confederate, per attirare con il loro canto anche i più reticenti fra i locali: di fronte ad ottime offerte economiche, di questi tempi, anche le questioni di principio possono passare in secondo piano.

Anche se in primo piano, nel contempo, si profila un investimento da svariate centinaia di milioni di franchi (di cui parliamo diffusamente alle pagine 2 e 3) che cambierà non soltanto il volto del territorio, ma anche il suo carattere. E la sua fruizione, che passa da non secondari problemi di raggiungibilità.
Per Monte Brè, in due distinte zone, si parla della realizzazione di una novantina fra appartamenti e ville di altissimo “standing”; e per Colmanicchio – la zona di Cardada che fa da cuscinetto fra l’arrivo della funivia da Orselina e la partenza della seggiovia per Cimetta – di una struttura alberghiera più lussuosa ancora di un “5 stelle” (sarà infatti “superior”) con oltre 60 “suites” e un’imponente offerta collaterale improntata al benessere, ivi compreso un ristorante stellato Michelin e fors’anche dei campi da tennis.
È vero che la procedura a livello comunale ancora dev’essere avviata, e che spetterà poi al Municipio di Locarno decidere se concedere o meno la licenza edilizia. Ma nell’attesa si possono fare alcune considerazioni. La prima è che l’attuazione del progetto sembra facilitata da una pianificazione piuttosto generosa: nella Zona residenziale montana sono infatti previsti bonus per le attività alberghiere su sedimi di almeno 1’500 metri quadrati, e non c’è limite all’incidenza delle residenze secondarie (la maggior parte delle abitazioni del resto lo è già perché sia Brè, anticamente l’alpeggio dei soldunesi, sia Cardada, sono territori storicamente deputati alla villeggiatura). La seconda è che, ciononostante, proprio per i più intimi motivi di difesa del proprio territorio ricordati sopra, una sparuta ma battagliera “riserva indigena” è sul piede di guerra per sventare il rischio di quella che considera né più né meno che una gigantesca speculazione edilizia.

Infine, c’è il “dietro le quinte” dell’operazione: è affollato di società anonime con sede a Svitto e Zugo, cui fanno riferimento personaggi di indubbio peso come magnati di internet, scafati immobiliaristi, uomini-marketing ed esperti di finanza. Con, al vertice, una figura singolare, affascinante e per certi versi addirittura romantica: quella del Principe. A Brè lo hanno conosciuto in molti. Faceva il porta a porta, quasi fosse un venditore qualsiasi.
Ne sentiremo parlare ancora.

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