Commento

Esportazione di armi, quo vadis Helvetia?

Quale Paese vogliamo? Più sensibile ai principi umanitari o disposto a esportare armi anche in Paesi lacerati da guerre civili?

5 settembre 2018
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Esportazioni di armi: finalmente una buona notizia! Contro l’allentamento delle regole, voluto dal Consiglio federale e dalle commissioni parlamentari, potrebbe essere lanciata un’iniziativa da parte di alcuni ambienti eterogenei. Ambienti che vanno dal Ps, al Pbd, passando per i Verdi e Verdi liberali, con l’aggiunta del Gruppo per una Svizzera senza esercito e le cerchie ecclesiastiche. Sarà un’ottima occasione per tastare il polso al popolo elvetico e al suo attaccamento a principi e valori umanitari sui quali si fonda la Svizzera moderna, depositaria della Convenzione di Ginevra e attrice neutrale con i suoi buoni uffici al servizio della soluzione dei conflitti.

La domanda di fondo è: quale Paese vogliamo? Una Confederazione più sensibile ai principi umanitari, ben ricordati nel fine settimana dal presidente del Cicr (che ha detto chiaro e forte che Berna compiendo questo passo ‘ha perso in termini di credibilità e di affidabilità come attore umanitario’); o una disposta a favorire l’economia anche in materia di produzione ed esportazione più facilitata di armi persino verso Paesi lacerati da guerre civili? Un dibattito fra una Svizzera aperta, solidale e internazionale e una Svizzera che accetta anche un discutibile business, sostenendo allentamenti legali pur di tener in vita un pezzo di economia (e di posti di lavoro) legati alla difesa.

Da quando sotto la cupola federale l’idea di favorire l’export è avanzata, di argomenti per confronti anche aspri, ne sono piovuti parecchi. E anche piuttosto imbarazzanti. Ad esempio, quello evidenziato ieri nel rapporto del Controllo federale delle finanze. Secondo l’autorità di sorveglianza, la Seco ha autorizzato nel 2016 l’export di armi conformemente alle leggi, ma allo stesso tempo – con la revisione di diverse ordinanze – l’applicazione della legge federale sul materiale bellico è stata ‘piuttosto favorevole all’economia’. Come dire, sono stati di manica larga… Se poi, ciliegina sulla torta – contenuta sempre nel rapporto del Controllo –, i produttori di armi sono stati capaci di sfruttare le lacune presenti nella legislazione per aggirare le regole in materia… Gli esempi, più di uno, li abbiamo evidenziati sul giornale di ieri.

A questo punto ben vengano, quindi, la democrazia diretta e il lancio di un’iniziativa, il cui esito non è scontato. In ogni caso le 100mila firme serviranno per discutere anche di questo settore dell’economia elvetica, che si muove un po’ sottotraccia, e sulla sua compatibilità con i principi umanitari spesso sbandierati dalla Berna federale nelle occasioni ufficiali. Il cambiamento di rotta, prodotto dall’uscita dal governo di Didier Burkhalter e dall’ingresso di Ignazio Cassis, merita certamente la luce dei riflettori. E della riflessione: quo vadis Helvetia?

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