Commento

Internet deve essere libero, non ladro

La direttiva europea sulla privacy ha rilanciato il dibattito sulle libertà della Rete, che non deve essere quella di permettere il furto delle opere di altri

Foto Pierre-Selim su Flickr (Creative Commons)
6 luglio 2018
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Rimandata a settembre come chi non ha passato un esame. E difatti la discussa direttiva europea sul copyright è stata bocciata ieri in prima lettura dal parlamento Ue. Per la soddisfazione di Wikipedia Italia (che ha ripreso a funzionare) e dei militanti per un web libero.

Rimane però lo strascico di un dibattito che va al cuore di un problema mai risolto: quanta libertà deve avere internet? E, soprattutto, quale? Perché un conto è la Rete come prezioso, fondamentale e neutro veicolo della libertà d’espressione, un altro è utilizzarla per appropriarsi, gratis, del lavoro degli altri. Confondere i due piani è quantomeno disonesto intellettualmente.

Non tiene a questo punto nemmeno la scontata retorica dei grandi e cattivi gruppi commerciali contro il povero cittadino privato. Certo, i produttori di musica, video e testi editoriali hanno accolto positivamente la proposta europea; d’altronde loro hanno speso soldi per creare quei contenuti e ora vogliono avere qualcosa in cambio (si chiama mercato e funziona così), foss’anche solo il diritto di decidere quando e dove pubblicarli per evitare che altri ci guadagnino senza aver fatto nulla. Ma poi anche perché a fare le spese di una Rete che si crede libera di prendere quel che vuole a chi vuole sono anche gli stessi poveri privati cittadini. Chiedetelo al fotografo freelance che si guadagna da mangiare con i propri scatti e che si vede “citare” le foto da internauti che non hanno nemmeno la cortesia di domandargli il permesso. Internauti che, alla richiesta di lumi, magari rispondono anche con uno stizzito: “La posso prendere perché è già online”.

Fatto salvo il sacrosanto diritto di citazione e alla satira, non funziona così. Da sempre. E difatti il tema non è nuovo: da Napster in poi la questione si ripropone a ritmi regolari. Sintomo di un’incapacità cronica del popolo del web di auto-regolarsi. Il che finisce poi per sfociare in ‘cure’ legislative per certi versi estreme come quella bocciata ieri e di cui si tornerà a parlare fra un paio di mesi. Estreme tanto quanto estrema è l’idea – radicata in molti – che tutto quel che sta sul web è di tutti e non di chi l’ha creato. Se questa è la libertà rivendicata da internet, assomiglia molto al bullismo.

Eppure gli esempi virtuosi di come costruire una Rete rispettosa delle libertà di tutti (compresa quella degli autori di fare delle loro opere ciò che gli pare, compreso, se del caso, farle pagare) non mancano. E non passano necessariamente da filtri automatici simili a quelli che la nuova normativa Ue imporrebbe. Si pensi invece al concetto di copyleft (gioco di parole che lo contrappone al copyright e che significa letteralmente “lasciar copiare”) e alle licenze Creative Commons, attraverso cui gli autori stessi autorizzano preventivamente la riproduzione della propria opera. Strumenti che, uniti finalmente alla presa di coscienza che il copyright va rispettato anche online, renderebbero subito superfluo ogni ulteriore giro di vite legislativo. Per la contentezza di tutti, Wikipedia inclusa, che questi principi cerca di rispettarli da tempo.

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