Commento

La lunga ombra di via D’Amelio

Borsellino quater: processo oggetto di uno dei gravi depistaggi della storia italiana

2 luglio 2018
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Per chi ha ancora anche solo un briciolo di senso dello Stato è dura leggere le parole contenute nelle motivazioni della sentenza del processo Borsellino quater. ‘Soggetti inseriti negli apparati dello Stato’ furono all’origine di dichiarazioni che portarono a ‘uno dei più gravi depistaggi della storia della giustizia italiana’. Depistaggi per seppellire la verità (perlomeno quella giudiziaria) sull’attentato al giudice Borsellino e agli uomini della scorta in via D’Amelio. Attentato che – lo si ricorderà – avvenne a soli 57 giorni dalla strage di Capaci che uccise un altro giudice simbolo – e collega di lavoro di Borsellino – Giovanni Falcone. Le due stragi generarono nell’opinione pubblica italiana (e non solo) moti di rabbia, sgomento e voglia di tagliare la testa a Cosa nostra. Moti che Stato e politica cercarono di arginare con mille promesse imbevute di volontà di rivincita, come se i mandanti avessero già firmato la loro condanna. Quanta retorica! Oggi sappiamo che, mentre si chiedeva giustizia, rappresentanti dello stesso Stato furono autori in sede giudiziaria di depistaggi e occultamenti di prove. Le vittime, scomode per una parte della criminalità organizzata e per taluni colletti bianchi, furono tali (ora ve n’è la certezza) anche per magistrati, che per anni lavorarono nell’ombra per non far approdare le indagini al porto della verità. A chi affidarsi se nemmeno più si può confidare nell’integrità della magistratura davanti al sacrificio massimo di suoi due servitori?

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