Commento

Vita da donna, fra porno e #MeToo

Tra l'ottimismo per il declino della cultura patriarcale e il realismo di una società sempre più pervasa dalla cultura pornografica

25 maggio 2018
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Fra gli articoli sul grande scrittore, c’è quello della sua amica. Nell’ultima telefonata, sfuggendo per un istante la sua ironia corrosiva, lui si era detto felice di sapere che la figlia di lei avrebbe vissuto in un mondo diverso. Il mondo post #MeToo, di cui vediamo l’alba, in cui una donna potrà (può?) forse sentirsi socialmente legittimata a non subire passivamente le attenzioni indesiderate di superiori, colleghi, parenti, conoscenti e sconosciuti. Insomma, una conquista culturale da difendere in qualche modo, insidiata com’è da strumentalizzazioni, opportunismi e inevitabili cacce alle streghe, e dagli immancabili scontri “ideologici” che al solito non lasciano scampo a distinguo e sfumature di pensiero.

Mentre mi nutro dell’insospettato ottimismo del cinico, all’improvviso mi ricordo di un palco e di un microfono concessi ad alcuni adolescenti dediti al freestyle rap. E del campionario di colorite invettive indirizzate a mamme zie sorelle, democraticamente pescate nel circoscritto porno-vocabolario anglofono portato da internet fin nelle valli più remote di questa regione, dove pochi anni fa pure ok e light erano azzardi linguistici. Beh, è l’epoca digitale. E le donne che la abiteranno, dopo aver patito per secoli quei maschi colpevolmente privi di freni inibitori, potranno difendersi “con un clic” dall’esercito degli allupati cui l’era del porno 24 ore su 24 avrà inculcato la certezza che, in fondo, loro non aspettano altro.

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