Commento

La cultura giace in Svezia

La decadenza degli umani è tale che un intellettuale qualunque palpeggia senza remore la principessa di Svezia? Ma sulla tomba della cultura forse un lato positivo c'è

Jean-Claude Arnault accusato di molestie e stupro a 18 donne (foto Keystone)
(Keystone)
7 maggio 2018
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Nell’era della comunicazione istantanea e dell’invettiva facile, dell’impero dell’emozione eletto a orgoglioso baluardo popolare contro le ambiguità della ragione, la notizia che una vecchia consuetudine come l’assegnazione del premio Nobel per Letteratura viene sospesa per un anno non sembra destinata a scaldare più di tanto gli animi. Al limite potrà solleticare una qualche fantasia da internauti l’immagine di un attempato e occhialuto intellettuale che allunga le mani nientemeno che sulla principessa di Svezia, amatissima erede al trono; per qualche istante, fino al prossimo scandalo vomitato da un media. Il fatto che l’onda lunga delle rivelazioni legate a molestie e violenze sessuali sia arrivata fino al consesso più prestigioso, l’Accademia di Svezia, sfiorando persino la casa reale, fra le altre rischia di lasciare sul campo una vittima illustre e ignara, impossibilitata a difendersi: la cultura.

Il nuovo personaggio tratteggiato dai media internazionali – il ‘Weinstein di Svezia” – al secolo Jean-Claude Arnault, ingombrante marito di un ex membro dell’Accademia, non è solo destinato ad arricchire di spunti pruriginosi le cronache di questi giorni. L’intellettuale franco-svedese, da anni considerato una sorta di invadente membro ombra dell’Accademia, nei mesi scorsi è stato accusato di molestie e stupro da 18 donne, stimolate a uscire allo scoperto dal movimento #MeToo. I media svedesi hanno poi citato tre testimoni che, nel 2006, lo avrebbero visto molestare la principessa Victoria. Arnault parla di “caccia alle streghe”, la famiglia reale non conferma e non smentisce, ma ha espresso il suo sostegno allo stesso #MeToo; e questo vale più o meno come una risposta...

Come nel caso di Hollywood, la sensazione diffusa è che pure a Stoccolma, dalla Corte in giù, da tempo in tanti sapessero delle voci che accompagnavano Arnault e del clima tossico all’interno di un’Accademia incapace di difendere il proprio buon nome; se non con la strategia di un silenzio che da diplomatico si è fatto ipocrita, se non complice. Lo scoppio del caso Weinstein, se da un lato ha innescato una deriva isterica di accuse a catena che, anche quando non verificate e non provate, demoliscono la reputazione di molti presunti innocenti; dall’altro ha messo finalmente a nudo un sottomondo pseudo-culturale che come tanti altri – come tante anonime realtà quotidiane raccontate da tanta buona letteratura – appare regolato dal demone dell’interesse e dell’ipocrisia, in cui sesso e denaro segnano miseramente i rapporti fra umani che si vorrebbero, se non proprio illuminati, almeno consapevoli del proprio ruolo e di ciò che rappresenta.

Negli Stati Uniti c’è voluta l’inchiesta di due giornaliste che, dopo mesi di lavoro, in un colpo ha smascherato anni di ricatti, minacce e silenzi. In Svezia, dopo le denunce contro Arnault, sono state le dimissioni in serie di alcuni membri a paralizzare i lavori dell’Accademia, rimasta senza il numero minimo di membri attivi per prendere qualsivoglia decisione. Sul terreno resta, moribonda e forse ignorata, un’idea di cultura in quanto baluardo anzitutto contro ogni forma di bassezza morale e intellettuale, antidoto privilegiato contro corruzioni e, appunto, ipocrisie più o meno interessate.

Dai “barbari” gestori dello star system oltre Oceano ce lo si poteva anche aspettare, dagli accademici svedesi meno. Al nobile fantasma della Cultura il compito di segnare loro la via. Fermo restando che non sono necessariamente gli umani ad essersi imbarbariti al punto di palpeggiare impunemente la principessa di Svezia, ma i pochi anticorpi sociali alla loro bassezza ad essersi, per una misteriosa serie di concause, affinati.

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