Commento

Nessuna misura va scartata a priori

Fioccano le proposte per contenere i costi della salute. Tutte ('budget globali' compresi) meritano di essere approfondite.

25 aprile 2018
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«Da anni i costi della salute aumentano più dei prezzi e degli stipendi». Lo ha ricordato Alain Berset a fine gennaio. Il ministro della Sanità non si riferiva agli ‘ultimi’ anni, né faceva il verso al Ppd, che da tempo usa parole identiche per ‘vendere’ la sua iniziativa popolare volta a introdurre un freno ai costi sanitari. No, Berset citava da un messaggio del Consiglio federale del 1992 (!).

Sono passati 26 anni, ma le cose non hanno fatto che peggiorare. Allora il sistema costava sui 35 miliardi di franchi, oggi siamo a 80,7. Nel 1997, alla nascita dell’assicurazione malattia obbligatoria (Lamal), un adulto pagava in media 173 franchi al mese (premio standard), nel 2018 465. Molte economie domestiche sborsano ormai più del 10 per cento del reddito disponibile per i premi di cassa malati. E oltre ai soldi spesi per questi, continua a lievitare (2016: 235 franchi) anche la fattura per case di cura, dentisti e partecipazioni ai costi che le famiglie ogni mese saldano di tasca propria.

Aumento e invecchiamento della popolazione, progressi tecnici della medicina: l’evoluzione in parte si spiega. Ma l’impennata dei costi va ricondotta anche – lo ha ricordato di recente lo stesso Consiglio federale – alla “crescita quantitativa delle prestazioni difficilmente giustificabili dal profilo medico”. È la logica conseguenza di un sistema complesso, dove gli attori sono molteplici, gli interessi in gioco divergenti, i ‘rappresentanti’ di ospedali, medici, industria farmaceutica e casse malati a Palazzo federale numerosi, agguerriti e piazzati in posizioni chiave. “Troppi ne approfittano” in un settore simile alla “Swissair prima del grounding” (Daniel Scheidegger, presidente dell’Accademia svizzera delle scienze mediche), per cui portare avanti anche la più timida riforma è un’impresa. Poco importa se “così non si può proprio andare avanti” (‘Tages-Anzeiger’).

Le elezioni federali però si avvicinano. Nel prossimo anno e mezzo il tema sarà tra i più gettonati. Il Ppd già marca presenza. Il Ps farà altrettanto dopo l’estate, quando lancerà la sua iniziativa popolare per porre un tetto all’onere dei premi di cassa malati (10% del reddito disponibile) sopportato dalle famiglie. In ballo vi sono poi altre due iniziative popolari (una chiede di vietare ai parlamentari federali di assumere cariche in una cassa malati, l’altra di creare casse di compensazioni cantonali), così come numerose proposte pendenti in Parlamento.

Ha detto bene Giovanni Galli sul ‘Cdt’: “Fare proposte è facile, attuarle no. Si fanno al massimo piccoli passi, non rivoluzioni”. Tutte le idee sul tavolo, comunque, meritano considerazione.

A cominciare dall’articolo sperimentale nella Lamal: consentirebbe a cantoni e assicuratori di testare progetti innovativi di contenimento dei costi. La misura fa parte – assieme a un nuovo sistema di prezzi di riferimento per i medicamenti non più coperti da brevetto e ad altri provvedimenti – di un primo ‘pacchetto’ che il Consiglio federale porrà in consultazione in autunno. Da questo sono esclusi però i ‘budget globali’ (si fissano tetti di spesa vincolanti, settore per settore; se superati, scattano sanzioni). Caldeggiata da un gruppo di esperti internazionali, l’idea è stata preventivamente fucilata da medici, ospedali, farmacisti, industria farmaceutica e Santésuisse. Il Consiglio federale sembra tirare i remi in barca: fa sapere di voler “condurre un dibattito in merito” entro fine anno. C’è da sperare che anche questa promettente proposta (benché non priva di controindicazioni) venga approfondita come si deve (al pari di altre: il finanziamento uniforme dei settori stazionario e ambulatoriale, l’introduzione di forfait in quest’ultimo ecc.) e non accantonata anzitempo.

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