Commento

Pesci e squali nella rete del commercio

I nostri negozi sono sempre più in difficoltà a causa della forza del commercio online estero. Occorre reagire prima che i nuovi big del monopoly globale spazzino via tutto o quasi!

14 aprile 2018
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I proprietari di commerci ‘classici’ – quelli che si frequentano entrando in un negozio tradizionale con commessi in carne e ossa, vetrine e scaffali pieni di merce (non solo virtuale) – a voce sempre più alta denunciano la crisi epocale che li ha investiti di petto. Molti si battono, ma non pochi soccombono.

Il vento della prateria di internet e del commercio online spira forte e travolge tutto ciò che incontra sulla sua strada. Succede da noi, come anche in mezza Europa. Una crisi strutturale dovuta a molteplici fattori, come evidenziato in un recente incontro fra i commercianti del centro di Lugano e il sindaco Borradori in cerca di vie di uscita, o almeno di qualche ammortizzatore. In Ticino, come documentato da un servizio di approfondimento da noi pubblicato a metà marzo, la musica è la stessa anche a Bellinzona, Chiasso e Mendrisio, con l’eccezione della città della volpe e della città vecchia di Locarno (viva il turismo!).

Non promette quindi nulla di buono la fresca notizia/previsione che i colossi stranieri delle vendite online, come Amazon o AliExpress, potrebbero raddoppiare il fatturato in Svizzera, raggiungendo i 3,2 miliardi di franchi entro il 2020! Cioè fra pochissimo. Anche perché, a detta della società di consulenza Oliver Wyman, il 30% degli scambi via internet in Svizzera avverrà tramite aziende estere. Ovvero: e noi (i commerci elvetici) stiamo a guardare il business che ci passa sotto il naso…

Intendiamoci, non è che nel nostro Paese tutti i negozianti stiano sottovalutando la forza della rete. Anzi, chi si dà da fare online sta registrando importanti successi.

Ma gli specialisti del settore ci stanno dicendo che cosa? Che sono e saranno le grandi realtà straniere a registrare gli incassi maggiori. È la logica della rete: chi ha successo ha buone possibilità di riuscire a riscuoterne sempre di più. Pesce grande mangia pesce piccolo e anche medio. E attenzione: quando si dice concorrenza estera non si deve pensare soltanto agli Stati Uniti (che da soli già basterebbero!), ma anche alla potenza cinese con big del calibro di JD.com e Alibaba proprietaria di AliExpress!

E non è finita qui. Qual è infatti l’ulteriore grosso problema di tale galoppante rivoluzione? Oltre alla chiusura dei commerci, rileviamo una manifesta (schizofrenica) dissociazione tra due facce della stessa medaglia.

Ciascuno di noi è allo stesso tempo consumatore e cittadino. Come consumatori, siamo tendenzialmente attratti da prodotti che possono arrivarci direttamente a casa a prezzi convenienti. E la cosa ci sta bene. Ma, per poterli ottenere a condizioni stracciate, c’è qualcuno che deve produrli, imballarli e portarceli facendo, spesso e (non) volentieri, lavori precari e pagati il meno possibile. E allora come cittadini, toccando con mano la nuova realtà, ci diciamo preoccupati e stupiti. Per esempio se l’ente pubblico (come il Comune di Lugano) non fa nulla per aiutare i commerci, se non incassa più le tasse di un tempo e se si trova magari costretto a ridurre talune prestazioni sociali, e se i centri cittadini si fanno luoghi fantasma.

E quindi? Beh, anche in questo settore – libero come l’aria, ma bulimico – servono con urgenza regole del gioco più corrette. Per ora siamo ancora tramortiti davanti al passaggio del ciclone. Il nostro auspicio è che, prima che i nuovi big del monopoly globale spazzino via tutto o quasi, si reagisca! Possibile? Volerlo è la prima condizione.

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