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Abascal, l’ennesima scommessa

Sabato nella sfida di capitale importanza contro il Thun, sulla panchina del Lugano non ci sarà più Pier Tami.

10 aprile 2018
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Sabato nella sfida di capitale importanza contro il Thun, sulla panchina del Lugano non ci sarà più Pier Tami. Il presidente Angelo Renzetti ha ufficializzato ieri la rottura e al suo posto ha ingaggiato Guillermo Abascal. Una rottura diventata inevitabile dopo la sesta sconfitta consecutiva e, soprattutto, la decisione del tecnico di non voler accettare il rinnovo del contratto. Si chiude così un rapporto che fino a qualche settimana fa sembrava sufficientemente solido da poter durare anche per il campionato a venire e che invece è crollato come un muro di cartone sotto i colpi di sei partite senza successi.

S’è chiuso un rapporto e se n’è aperto un altro. Dopo Zeman (assolutamente digiuno di calcio svizzero), Manzo e Tramezzani, ancora una volta il presidente bianconero ha voluto calare sul campo verde di Cornaredo una scommessa: quella di affidare la squadra, in un momento oggettivamente difficile della stagione, a un tecnico giovanissimo, di scarsa esperienza, ma di grande prospettiva. Quanto fatto a Chiasso dall’andaluso ha raccolto consensi un po’ da tutti, anche fuori dal Ticino: adesso si tratta di alzare ulteriormente l’asticella e confrontarsi con la Super League alla ricerca di una salvezza fino a poche settimane fa ormai acquisita. Renzetti ha ammesso ieri sera di essersi giocato il jolly con l’iberico. Un tecnico, però, dal carattere forte e dalle idee chiare, nonostante la giovane età, e con il quale andrà trovata un’intesa non scontata. Per non finire con il logorare l’ennesimo rapporto tecnico-presidente. Sì, perché quello fra Tami e Renzetti è sempre stato turbolento, vissuto sul filo del rasoio. Dagli esordi («Ho tergiversato perché avrei voluto qualcosa di più», aveva affermato il presidente), al botta e risposta seguito alle sconfitte in Europa a Ber Sheva e Pilzen, alle numerose esternazioni su uomini e moduli... Certo, Renzetti ci mette soldi e faccia e per quanto fatto in questi anni non può che essere ringraziato dalla tifoseria. Tuttavia, la sua è una presenza ingombrante che logora e brucia i tecnici come paglia. Non può essere (e non è) un caso se tre degli ultimi quattro allenatori hanno scelto in modo spontaneo di non rimanere alla guida della squadra. Quella di Tami alla guida del Lugano è stata una stagione sulle montagne russe: grandi successi e tante soddisfazioni alternate a precipitose cadute nel vuoto sia in campionato sia nella comunque positiva (e per molti versi irripetibile) avventura europea. Il tecnico di Gordola ha provato a presentare un calcio propositivo e moderno, ma si è scontrato con l’incapacità di riuscire in quello che, a conti fatti, è l’unico metro di giudizio universalmente riconosciuto: la capacità di segnare e, di conseguenza, di vincere. La sua, a livello di risultati, è da considerarsi una sconfitta, della quale deve però farsi carico anche la società, in primis il presidente. Paradossalmente, dopo un autunno difficile (gli impegni europei avevano influito sui risultati in campionato, complice una rosa non adeguata al doppio impegno), ma chiuso in crescendo, il castello è crollato in un 2018 fatto di sole 17 partite e iniziato con tre successi che tutti ipotizzavano potessero essere il trampolino di lancio verso una nuova avventura continentale. Adesso ad Abascal il compito di togliere le castagne dal fuoco, ciò che gli garantirebbe la continuità in bianconero.

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