Commento

Gran Consiglio, tornati al Cencelli

Non è la prima volta che il parlamento cantonale, confrontato con la nomina dei magistrati, delude.

Ti-Press
20 febbraio 2018
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Non è la prima volta che il parlamento cantonale, confrontato con la nomina dei magistrati, delude. Vuoi perché sceglie procuratori col bilancino politico-partitico, che non sempre col passare degli anni reggono di fronte ad altri criteri che dovrebbero essere certamente prioritari, se si considerano i ritmi pressanti in Procura e la necessità di convivere fra stress e decisioni non facili soprattutto quando di mezzo v’è la privazione della libertà personale e il blocco di patrimoni. Tant’è che non pochi gettano, solo dopo qualche anno, la spugna… Vuoi perché, dovendo designare il successore di John Noseda, quel manuale Cencelli è ieri puntualmente rispuntato. Liberali radicali, Socialisti e Pipidini hanno assicurato ieri in aula che il loro candidato procuratore generale era quello che faceva meglio al caso. Ma nessun partito/deputato ieri ha tentato in parlamento di convincere i colleghi della bontà di una scelta rispetto all’altra, passando in rassegna per esempio le priorità/emergenze della Procura cantonale, le scelte di politica giudiziaria che necessariamente vanno fatte rispetto ai tanti (forse troppi) reati da perseguire, le capacità personali e di leadership, il programma (passateci il termine) di legislatura (seppur breve), e via dicendo. Come se tali scelte autonome del parlamento, col bollo dell’idoneità dei famosi esperti, le avessero già fatte altri. Come se bastassero i famosi esperti e qualche fuga di notizie sull’‘assessment’ commissionato dall’ufficio presidenziale, ma pagato dal contribuente. E perché mai non dai signori onorevoli della presidenza? Assessment, poi snobbato dagli esperti, ma risultato comunque utile in avvicinamento al voto di ieri, per tentare di influenzare la delicata scelta. Emblematica in questo senso la denuncia fatta in aula dal deputato ed ex magistrato Jacques Ducry, quando ha parlato di pareri giuridici fatti nell’interesse della corona, di arrampicate sui vetri e persino del fatto che nemmeno il gatto Silvestro avrebbe lasciato così tante tracce.

L’importanza della carica di procuratore generale merita tutt’altra attenzione e rispetto da parte del parlamento, dal quale ci saremmo aspettati in definitiva una discussione più che approfondita sul profilo del nuovo procuratore generale! Peccato, occasione mancata.

Quanto alla scelta operata dal Gran Consiglio ci permettiamo solo di osservare che il partito uscito perdente è il Ppd di Fiorenzo Dadò, che era comunque sceso in campo con un cavallo di razza di provata caratura, il sostituto procuratore generale Antonio Perugini, affiancato dal pp Moreno Capella pure lui di area Ppd (sebbene non scelto ufficialmente dal partito). Perugini, personalità forte e autorevole, aveva sicuramente tutte le carte in regola per condurre la Procura cantonale, tranne l’età, anche se non è dato sapere se volesse rimanere dietro quella scrivania come John Noseda fino a 70 anni. La preferenza, verosimilmente sostenuta da una maggioranza liberal leghista/destra, è dunque andata ad Andrea Pagani che, a differenza di Antonio Perugini, si occupa da anni di reati finanziari, spina nel fianco della nostra realtà economico-finanziaria. In ogni caso fra due anni si rifarà la conta.

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