Commento

Suvvia, basta muri di gomma!

7 novembre 2017
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Argo 1, si bissa in parlamento, ma nessuno applaude. La pièce è di quelle scadenti, che non fanno certo onore al modus governandi finito sotto i riflettori. Per la seconda volta il governo ha infatti dovuto rispondere agli interrogativi dei deputati sul caso Argo 1 e sui nuovi capitoli che si sono aperti dopo la pausa estiva. Eccoli: viaggio a Bormio di Dadò & Fiorini riservato da Sansonetti con cene offerte; la chiarissima mail del 18 ottobre 2017 del capodivisione Bernasconi al direttore di Securitas (‘ti chiediamo di non voler impiegare presso la PCI di Camorino il vostro agente sig. xy…’); lo scandaloso incontro segreto del 9 di giugno fra il capodivisione Bernasconi, Fiorini & Dadò (unico non funzionario) col funzionario che andava dicendo cose che non piacevano a Dadò (dixit ‘maldicenze’).

Dividendosi il compito di rispondere ai tre atti parlamentari (Ps e Mps), il governo in corpore non ha saputo nascondere l’imbarazzo. Quasi i ministri fossero scolaretti alle prime armi, li abbiamo visti leggere le risposte dagli appunti. Forse per paura di dire qualcosina di più e far cadere il castello di carte che, di rivelazione in rivelazione, ondeggia pericolosamente? Così, finito l’esercizietto pompieristico, parlamentari di schieramenti diversi palesemente insoddisfatti hanno sbottato e preteso risposte più puntuali, almeno alle domande già poste. Suvvia, basta muri di gomma. Rispostine che sono giunte solo dopo un’interruzione dei lavori parlamentari verso le 17 (dopo ben tre ore di discussione!) quando il presidente Gianora, riaprendo i lavori, ha detto che ‘abbiamo convenuto che il governo risponderà alle domande’. Alla buon’ora.
Solo a quel punto si è per esempio udito – ma ci è voluto il forcipe – Beltraminelli confessare che era la prima volta che gli capitava che un non funzionario (Dadò) prendesse parte a uno strano incontro segreto, Bernasconi-Fiorini-funzionario, per arginare maldicenze... Eh già! Niente aggiunte invece per fugare il dubbio, avanzato da più parti, che a quel momento (era il 9 di giugno) – con Argo 1 ormai diventato da mesi scandalo, con lui stesso che già in marzo aveva riferito in parlamento e con una sottocommissione della Gestione da mesi all’opera – Bernasconi non abbia detto nulla al suo capo. Copione illogico e decisamente inverosimile.

L’impressione ricavata è che il governo abbia perlomeno capito che, se non cambia passo, rischia di essere pesantemente screditato da un consigliere di Stato (Beltraminelli) e da un presidente di partito (Dadò) e da un capodivisione (Bernasconi), i cui atteggiamenti e comportamenti in questa vicenda sono palesemente inopportuni (quando non, almeno per chi ha conferito in quel modo diversi mandati diretti, addirittura illegali). Situazioni che il partito del ministro sulla graticola ha tentato di relativizzare ponendo domande a Gobbi e a Vitta per bocca dei deputati Jelmini e Fonio. Ma i fatti di queste ultime settimane sono lì a dire che, oltre ai mandati diretti, c’era dell’altro arrosto nascosto nel forno. Arrosto che si è però materializzato sul tavolo politico, non perché Beltraminelli e Dadò si sono convertiti alla trasparenza, ma perché una parte della stampa (‘Falò’ e questa testata) hanno rivelato nuovi disdicevoli fatti.

Se ora accanto all’inchiesta penale, al lavoro dell’esperto incaricato dal governo e al lavoro della Gestione, ci vuole anche il cingolato di una commissione parlamentare d’inchiesta è perché troppe domande attendono ancora risposta a nove mesi dallo scoppio dello scandalo! Fossero giunte loro invece dei sacchi di sabbia, non saremmo arrivati qui.

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