Commento

Polenta bruciata

5 ottobre 2017
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Ieri la seconda conferma: è polenta (di quelle bruciate) anche per il Consiglio di Stato, che fin qui aveva lasciato a Paolo Beltraminelli il compito di spiegare e giustificare in solitaria nelle sedi istituzionali quanto successo nel suo dipartimento. Ricordate il suo intervento di stile cubano, quando in primavera il ministro Ppd aveva riferito dinnanzi al parlamento? Da subito quel fiume di parole era parso povero di elementi precisi e decisivi per comprendere cosa fosse davvero successo con Argo 1. Anzi, oggi alla luce del sole delle diverse inchieste penali per reati patrimoniali (la truffa, l’ipotesi di riciclaggio di denaro sporco, il lavoro nero e i reati fiscali), la tesi del mandato andato a chi – citiamo – ‘ha persino fatto risparmiare lo Stato e non ha causato un danno patrimoniale’, suona come una bestemmia in chiesa. Così ieri è dovuto scendere in campo l’intero governo, consideratosi parte lesa e costituitosi accusatore privato: a Beltraminelli non è stata tolta la responsabilità sull’ufficio incriminato e da lui diretto, ma diverse questioni da approfondire – delegando l’analisi all’ex procuratore Marco Bertoli – hanno finito per vertere proprio sull’operato dei suoi collaboratori e indirettamente sul suo. Insomma è ora l’intero collegio che vuole veramente capire – al di là delle discutibili rassicurazioni già date dal ‘Beltra’ – se sia vero che l’offerta fatta da Argo 1 fosse effettivamente molto vantaggiosa; se ci fossero veramente, dopo il periodo di prova di quattro mesi, le condizioni per affidare ad Argo 1 il mandato definitivo; se i famosi controlli siano stati fatti, con quali modalità e se sia vero che erano conosciuti dalla ditta in anticipo; e infine se Argo 1 facesse riferimento a personale davvero autorizzato (cfr. pag. 3). Domande queste che ci dicono inequivocabilmente quanta poca chiarezza ci sia ancora dopo ben sette mesi. E ci dicono anche che di fatto sono ora i cinque ministri che desiderano sapere cosa sia successo all’interno del Dss.

Alla conferenza stampa di ieri un giornalista ha chiesto a Beltraminelli cosa significhi per lui essersi assunto la responsabilità politica dell’accaduto. Il capo del Dss ha spiegato che si è trattato di riconoscere gli errori di tipo amministrativo, che non sarebbero dovuti avvenire. E poi ha nuovamente giustificato l’agire del Dss in base all’urgenza, alla provvisorietà e ai costi convenienti. Ammesso che siano elementi determinanti – noi come detto abbiamo più di un dubbio (cfr. pag. 2) – Beltraminelli deve ancora scoprire e dirci come mai sia stato dato un mandato diretto e reiterato a una ditta che non ne aveva i requisiti; come mai abbia fatto difetto la risoluzione governativa; e come mai quel mandato non sia finito sulla lista dei mandati diretti, tanto per citare solo alcuni elementi formali centrali. Quante coincidenze! Un capodipartimento sa di certo chi è il funzionario preposto a elaborare questi atti formali. Ha agito da solo o su indicazione di terzi? Non averlo sinora indicato (con tanto di nome e cognome) dopo tanti mesi e nel contempo ribadire di assumersi la responsabilità politica dell’accaduto è troppo facile. E significa una sola cosa: che Beltraminelli sta cercando di salvarsi coprendo qualcuno. Suvvia, un ministro che dice di assumersi la responsabilità politica deve anche esigere dai suoi sottoposti la massima chiarezza. Ma oggi siamo ancora allo stadio dei fumogeni e delle affermazioni contraddittorie, tanto che il governo ha dovuto dare mandato all’ex pp Bertoli di indagare.

Speriamo ora che questo timido passo avanti non spinga la Gestione a tirare di nuovo il freno a mano, perché intanto sta andando avanti il governo... L’esecutivo, come detto, si è limitato a investigare solo su Argo 1 e all’interno del Dss, lasciando al parlamento altri terreni inesplorati.

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