Commento

Il problema del Plr con le donne

(Gabriele Putzu)
12 agosto 2017
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Che il Ticino, dopo 18 anni di assenza, debba tornare in Consiglio federale, è ormai un assioma. Nessuno – nemmeno i due candidati romandi in corsa per il posto di Didier Burkhalter in Governo – contesta questo diritto quasi ‘naturale’, distillato dall’articolo 175 cpv. 4 della Costituzione (“le diverse regioni e le componenti linguistiche del Paese devono essere equamente rappresentate”). Forte del bonus geografico, senza alcun grande malus rispetto ai rivali (se non quello di essere in Parlamento un uomo delle odiate casse malati), il ticinese Ignazio Cassis sembra quindi destinato a sbaragliare la concorrenza.

Il Plr non ne uscirebbe bene. Avrà sì riportato il Ticino ai vertici della politica nazionale, e forse non è poco. Ma in un certo senso non avrà potuto fare altrimenti. Mentre se Cassis verrà eletto, il partito che ha costruito lo Stato federale – e che ha inviato nel 1984 la prima donna in Consiglio federale – si sarà ancora una volta lasciato sfuggire l’occasione di profilarsi come una forza politica moderna, in cui le donne non siano ridotte a comparse o poco più. C’è Isabelle Moret, si dirà. Non basta.

La storia ci dice questo: in caso di ticket misto è praticamente sempre l’uomo a spuntarla. Ne hanno fatto l’amara esperienza Christiane Langenberger (1998, contro Pascal Couchepin), Christine Beerli (2003, contro Hans-Rudolf Merz), Martine Brunschwig Graf (2009, contro Christian Lüscher già allo stadio della nomina per il ticket), Karin Keller-Sutter (2010, contro Johann Schneider-Ammann) e persino, in casa socialista, Christiane Brunner (1993, contro Francis Matthey). Se davvero si vuole eleggere una donna, allora bisogna presentare un ticket esclusivamente femminile, ha scritto sul ‘Tages-Anzeiger’ la consigliera di Stato zurighese ed ex consigliera nazionale Jacqueline Fehr (Ps).

Dopo le traumatiche dimissioni di Elisabeth Kopp (1989) sono stati eletti cinque consiglieri federali Plr: tutti uomini; la quota femminile nel gruppo parlamentare oggi è inferiore al 20%; al Consiglio degli Stati Karin Keller-Sutter siede a fianco di 12 colleghi di partito; 14 dei 15 nuovi parlamentari eletti nel 2015 sono uomini; e nei governi cantonali troviamo solo 8 consigliere di Stato Plr su 40. Il fatto che sia Petra Gössi a presiedere il partito ha a che vedere con la ritrosia degli uomini ad assumere la carica, piuttosto che con la volontà di promuovere una donna ai comandi.

Certo, il Plr non è un caso isolato in campo borghese: gli altri partiti hanno problemi simili (Ppd) o maggiori (Udc). Ma i liberali-radicali non possono comunque permettersi di eludere ancora a lungo la ‘questione’. Tanto più che questa si pone con rinnovata urgenza dopo l’annuncio del ritiro di Doris Leuthard (Ppd) entro la fine della legislatura.

Anche Doris Fiala infine sembra essersene accorta. Sin qui propensa a rinviare la partita al momento del ritiro di Johann Schneider-Ammann (2019), ieri la presidente delle donne Plr ha promesso un sostegno deciso a Isabelle Moret. Un sostegno tardivo, comunque insufficiente. Che non promette nulla di buono nemmeno in vista della prossima tornata – quella ‘buona’, secondo Fiala –, quando ad eleggere il successore di Schneider-Ammann sarà ancora un’Assemblea federale a larga maggioranza maschile, con non pochi uomini che ambiscono al Consiglio federale. Anche perché “la società e la politica in Svizzera sono ancora fortemente patriarcali: le donne hanno cominciato a scuotere queste strutture negli ultimi decenni. Ma queste sono lungi dall’essere state superate”, ha detto il politologo Werner Seitz alla ‘Wochenzeitung’.

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