Commento

Un ticinese per la Svizzera

(Davide Agosta)
2 agosto 2017
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Una collega romanda, quasi subito dopo l’annuncio di Didier Burkhalter, s’era espressa così in un dibattito alla Rsi: “Oggi un consigliere federale svizzero italiano fa bene alla Svizzera prima ancora che al Ticino”. Siamo d’accordo e la scelta fatta ieri mattina a Lattecaldo dal Comitato cantonale liberale radicale dimostra, con molto pragmatismo, di aver colto l’essenza di questa semplice verità. Perché una cosa va detta: in questo momento Ignazio Cassis si presenta come il candidato ticinese più credibile per occupare quella poltrona federale. A prescindere dalle considerazioni di varia natura, che sempre ci sono e ci stanno in queste circostanze perché, al di là della retorica, non ci sarà mai l’Uomo della Provvidenza capace di rappresentare in una sola voce tutto il Canton Ticino e per fortuna, perché ne soffrirebbe la democrazia. Bene ha fatto il Plr, per contro, a compattarsi praticamente all’unanimità attorno al proprio candidato. Una prova di maturità del partito e di abilità dimostrata dall’attuale gruppo dirigente. Non tanto perché spaventi la dialettica interna, quanto piuttosto perché c’è un tempo per discutere e un tempo per dimostrare compattezza negli obiettivi: riportare un ticinese in Consiglio federale è oggi senza ombra di dubbio un progetto che merita la candela. E se la strategia decisa ieri è davvero quella vincente, beh lo sapremo solo a metà settembre col voto del parlamento.

La posta in palio è alta e lo è proprio per quanto dicevamo all’inizio. Forse mai come in questo periodo storico la Svizzera ha avuto bisogno della scienza e coscienza di tutte le proprie regioni culturali e linguistiche. E non è vero che un governo vale per sempre, per quanto capace di riconoscere le esigenze di tutti, come ha lasciato intendere Doris Leuthard, presidente della Confederazione, intervistata dalla Rsi sulla necessità o meno di un ticinese nella stanza federale dei bottoni. Per quanto originale (non prevede maggioranze stabili e manco il premier), il Consiglio federale svizzero deve saper rappresentare (e tentare di risolvere) le esigenze del momento e non potrà mai dirsi “perpetuamente universale”. Ne consegue che c’è un Consiglio federale per ogni tempo e quello che stiamo vivendo oggi richiede maggiore attenzione alle minoranze.

Non è retorico ribadirlo. Non lo è alla luce delle dichiarazioni di Doris Leuthard, appunto – dette, ne siamo convinti, in buona fede –, e non lo è perché temiamo sia argomento secondario nelle tattiche che portano all’elezione di un nuovo “ministro”. In altre parole: non diamo per scontato che la benevolenza manifestata sin qui oltre Gottardo sia figlia di un ragionamento politico di ampio respiro. Che sia davvero consapevole volontà di rappresentanza per i problemi attuali. Non lo è – e forse non può esserlo – per il semplice fatto che oltre Gottardo poco e male si sa di quanto sta capitando a Sud delle Alpi. Anche, se non soprattutto, per colpa nostra.

La vera corsa per Ignazio Cassis inizia ora. Per sette settimane il candidato ticinese dovrà saper rispondere con intelligenza agli attacchi che inevitabilmente gli giungeranno, ma soprattutto toccherà alla politica della Svizzera italiana saper dimostrare quanto sia attuale “l’emergenza” sin qui narrata. Senza rivendicazioni di sorta, con la convinzione della propria centralità. Cassis oggi ha una chance in più sugli altri ipotetici candidati. Si potrebbe azzardare un 60 per cento di probabilità d’elezione; sarebbe la più alta assegnata a un candidato ticinese negli ultimi trent’anni, ma non ci sembra di essere fuori strada. Amministrare bene il vantaggio è quanto resta da fare.

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