Commento

Dramma familiare a Bellinzona: tocchi l'Europa e poi…

5 luglio 2017
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Il tragico volo notturno dal quinto piano di una vecchia palazzina popolare di via San Gottardo e la macchia di sangue sull’asfalto sul retro dell’immobile, ancora visibile il giorno dopo, lasciano tutti sgomenti.

Un dramma familiare sul quale gli inquirenti cercano in queste ore di far luce con difficoltà. Difficoltà dettate soprattutto dalla possibile assenza di testimoni diretti dell’accaduto. Un caso difficile da risolvere se il marito, incolpato dell’omicidio, non è disposto a collaborare.

Di certo, per ora, c’è purtroppo solo la vita spezzata di una giovane mamma eritrea, un marito accusato dell’atto e due bimbi in tenera età rimasti orfani di madre. All’origine forse un raptus, o magari un atto premeditato dettato dalla gelosia o, anche, l’estremo gesto di una donna che non ne poteva più.

Se la molla che ha fatto scattare il tutto fosse la gelosia, di nuovo la gelosia che acceca e arma il marito? Brutta bestia. Se così fosse, è già stata lei pochi giorni fa a fare da detonatore ad Ascona, spingendo il marito a sparare alla moglie all’imbocco di un autosilo. A farne le spese anche in quel caso la donna, moglie e madre. E anche in quel caso qualche preoccupante precedente si era già palesato.

Molti i pensieri che si accavallano. Sulla rete ce ne sono parecchi totalmente fuori di testa e da condannare. Sembrerebbe che talune persone in questi gravi fatti vedano conferme per le loro opinioni: “Perché da noi una cosa del genere non sarebbe mai successa!”.
E invece no: come non ricordare il tragico delitto di Stabio, un caso truce che più truce non si può, commesso da un insegnante della Supsi nato e cresciuto qui da noi. E la lista anche ‘casalinga’ delle violenze domestiche, che riportiamo a pagina 2, non è corta.
Questo per dire che la gelosia folle non ha passaporto. Non facciamo finta di non saperlo e di non vederlo. Che poi nelle comunità straniere, a maggior ragione in chi qui arriva dopo essere approdato a Lampedusa, dopo aver vagato per mesi rischiando la vita, possa portare con sé una dose di problemi e squilibri – che potrebbero anche indurre a compiere gesti folli – è pure da mettere in conto. Persone sradicate, che hanno vissuto viaggi della speranza, ma anche della morte, è possibile che quando approdano in Europa vivano disorientamento, rabbia e frustrazione per aver trovato una realtà sociale ben diversa da quella immaginata, sognata e vista sugli schermi.

Fatti questi che non giustificano violenze e omicidi. E ci mancherebbe! Ma fatti che devono interrogarci ancora di più sul concetto di integrazione. Operazione molto complessa da realizzare quando si è alle prese con una massa crescente di persone che bussano alle nostre porte con le loro vite straziate. Ecco, molto probabilmente, al di là del fatto di sangue di lunedì notte a Bellinzona, la tragedia umana è lì a dirci che saper accogliere e integrare deve rientrare tra le nuove emergenze. Siamo davvero pronti?

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