Commento

La cultura che allarga l’orizzonte

29 dicembre 2016
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Con il 2016 si chiude un anno in cui anche la cultura, su più campi, ha giocato un ruolo nel delineare il futuro di questa regione. E che non ha mancato di evidenziare le contraddizioni di cui sempre più, in quanto cittadini, siamo ostaggio, in un panorama in cui il dibattito politico si è fatto asfittico, mediocre, ombelicale. Il Lac ha chiuso un primo anno di attività che, stando alle cifre, fa sperare in un futuro positivo, in cui si definirà meglio il ruolo culturale, sociale ed economico che potrà rivestire per tutta la regione. Gli obiettivi fissati sono stati superati, ma non si può dire che tutti si siano “presi cura” del Lac come auspicato all’apertura. Non lo ha fatto la classe politica cittadina che, al momento di votare il suo Consiglio direttivo, si è prodotta in una sceneggiata desolante, per arenarsi in un clamoroso nulla di fatto. Nell’attesa di due personalità autorevoli ed estranee a questo territorio, appare più edificante riflettere sui contenuti. L’anima del Lac, ciò che potrà renderlo riconoscibile anche al di fuori dei nostri confini, si chiarirà con il tempo, anche con la nomina del nuovo direttore del Museo. Intanto, notiamo con piacere un certo equilibrio fra proposte di più facile presa sul pubblico e sperimentazioni coraggiose, fra appuntamenti di respiro internazionale e produzioni locali. Però, pensando alla ‘c’ di Lac, che nel terzo millennio crediamo debba condensare il valore della ‘cultura’ in tutta la sua ricchezza, ben oltre ataviche fratture, nell’offerta evidenziamo ancora un’assenza: la scienza. Allo stesso Lac è legata la nostra Orchestra che, nonostante i buoni riscontri, attraversa una nuova stagione di incertezza. Dopo la decisione della Ssr di non rinnovare l’attuale convenzione, e non palesandosi all’orizzonte soluzioni di sorta, l’Osi ha disdetto i contratti con i suoi componenti. Forse una mossa ad effetto per ribadire la gravità della situazione e innescare un dibattito costruttivo, fatto sta che il 2017 si presenta come l’ultimo anno di esistenza certa dell’Osi. Il ricordo degli sforzi pubblici e privati fatti nel 2009 per salvarla è ancora vivo, eppure appare quanto mai utile una riflessione politica, condivisa, sul senso che una tale istituzione può avere per la coscienza identitaria di questa regione. Del resto la politica cantonale sa ancora dare prova di lungimiranza, come con il voto che ha affiliato l’Istituto oncologico di ricerca all’Università, andando così a porre un altro tassello alla Facoltà in scienze biomediche, essa stessa una scelta oculata (per quanto tardiva). Peccato che, in un quadro istituzionale in cui le attività di Usi e Supsi sono già sottoposte a più verifiche incrociate, lo stesso Gran Consiglio abbia votato a maggioranza l’istituzione di una poco comprensibile Commissione di controllo. Di per sé nebulosa, essa appare non solo inutile ma dannosa per l’Università, tanto più nel momento in cui potrebbe avviarsi un’opportuna riflessione sulla sua trasformazione in polo di interesse federale. Purtroppo, che l’orizzonte politico (o forse culturale) si sia abbassato, lo conferma la recente polemica attorno all’assegnazione, dopo regolare concorso, del progetto per la nuova ala del Civico a uno studio di Firenze. Oggetto di una disarmante interrogazione al Consiglio di Stato, è stata definita “uno schiaffo ai ticinesi”. A pochi forse viene il dubbio che siano proprio iniziative di questo tipo a dare l’unico schiaffo ai ticinesi, alla loro intelligenza, che merita di più. Dopotutto, almeno di fronte a un ospedale, l’interesse di tutti i cittadini non sarà quello di avere il progetto più funzionale possibile? Ecco, la cultura, oltre che per mangiare, può rivelarsi utile per imparare o per tornare a guardare un po’ più lontano.

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