Commento

I punti in sospeso di una proposta

3 settembre 2016
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Niente contingenti né tetti massimi, non importa se ‘puri’ (come li vuole l’Udc e li prevede la Costituzione) o a partire da una soglia stabilita (Consiglio federale). La maggioranza della Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale vuole, sopra tutto, evitare di mettere in pericolo gli accordi bilaterali con l’Unione europea (Ue). Ieri ha così optato per un’applicazione soft dell’articolo costituzionale 121a (contingenti, tetti massimi, preferenza agli Svizzeri) frutto dell’iniziativa dell’Udc ‘Contro l’immigrazione di massa’, approvata di misura il 9 febbraio 2014 e incompatibile con l’Accordo sulla libera circolazione delle persone Svizzera/Ue (Alc).
L’uovo di Colombo (?) è una ‘preferenza indigena light’. Se l’immigrazione dalla zona Ue/Aels supererà una determinata soglia, il Consiglio federale potrà obbligare le aziende a comunicare i posti vacanti agli uffici regionali di collocamento prima di reclutare all’estero. Una corsia preferenziale per i disoccupati residenti (cittadini svizzeri e stranieri domiciliati) rispetto ai lavoratori europei. Se non dovesse bastare, il Consiglio federale potrà adottare “misure correttive appropriate” sul piano regionale o nazionale: non meglio identificate, andrebbero discusse in seno al comitato misto Svizzera/Ue se in conflitto con la libera circolazione.
Nessuna limitazione diretta e quantitativa dell’immigrazione, nessuna traccia visibile di unilateralità da parte elvetica: il compromesso raggiunto in seno alla commissione è talmente timido nei confronti di Bruxelles da far dire al presidente del Ppd Gerhard Pfister che le trattative con l’Ue sono ormai obsolete.
Pfister dimentica alcune cose. Prima di tutto che anche il principio della ‘preferenza indigena’, come i contingenti e i tetti massimi, non si concilia con quello della libera circolazione. Ora sembra che il Consiglio federale non ne sia più così convinto. Ma Bruxelles lo ha segnalato più volte in modo chiaro, anche di recente: si tratta di una discriminazione dei cittadini dell’Ue. Lo stesso Ufficio federale di giustizia sostiene, in un documento confidenziale citato dalla ‘Nzz’, che “non è fondamentalmente compatibile con l’accordo sulla libera circolazione” e che tutte le sue varianti (light o no) “presuppongono un’intesa con l’Ue”.
In secondo luogo, non si capisce bene perché questa ‘preferenza indigena light’ – che a noi sembra debba essere dettata semplicemente dal buon senso, prima che da considerazioni di politica interna ed europea – non possa essere applicata sempre e in sé, ovvero indipendentemente dal livello di immigrazione.
E poi la misura non promette una riduzione significativa dell’afflusso di lavoratori europei. Il Consiglio federale potrebbe quindi essere presto costretto ad adottare, quale ultima ratio, quelle “misure correttive appropriate” sulle quali al momento vige un’opacità quasi assoluta che, prima o poi, dovrà essere tolta.
È per dire che adesso non si può nemmeno fare come se la Costituzione non esistesse, anche se il Tribunale federale ha stabilito che in caso di conflitto normativo a prevalere sarebbe l’Alc. Rimasta isolata, l’Udc ieri lo ha ricordato a modo suo a Pfister e alleati: così si ignora la volontà popolare. Dovremo verosimilmente attendere la fine dell’iter parlamentare per sapere cosa farà il partito (lancerà il referendum? O una sorta di iniziativa di attuazione-bis, sotto forma di articolo costituzionale che esige la disdetta dell’Alc?). Ma già ora è lecito chiedersi se non sia meglio modificarla, la Costituzione, anziché non applicarla. L’occasione potrebbe essere la votazione sull’iniziativa ‘Rasa’ (‘Fuori dal vicolo cieco’), che propone di stralciare l’articolo 121a, e su un eventuale controprogetto.

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