Commento

Guerra e religioni, il monito del papa

29 luglio 2016
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Papa Francesco continua a stupire. In volo per Cracovia, dove ad attenderlo ci sono centinaia di migliaia di ragazzi radunati per la Giornata mondiale della Gioventù, ha detto – con riferimento all’assassinio del parroco di Rouen per mano di giovani militanti dell’Isis – che il mondo è in guerra, perché ha perso la pace. Una guerra fatta a pezzi, non tanto organica, ma organizzata sì. Ma che ‘la guerra di oggi è una guerra sul serio, non una guerra di religione’. ‘Non è di religione’ – ha insistito il pontefice – ‘ma è una guerra di interessi, per i soldi, per le risorse naturali, per il dominio dei popoli’. E ha concluso: ‘Tutte le religioni parlano di pace, capito?’. Certo, abbiamo capito. Capito soprattutto che Francesco, di fronte alla follia assassina scatenatasi contro un sacerdote cattolico, in chiesa, di fronte ai suoi fedeli per mano di estremisti islamici, vuole fare di tutto per spostare possibili nuovi bersagli ed evitare che si cerchino capri espiatori, che non possono né devono mai essere le religioni, prese quali ostaggi e/o usate quali coperture di ben altre trame. Perché lo fa? Perché intende assolutamente scongiurare che un cristiano commetta a sua volta folli gesti all’indirizzo di rappresentanti della comunità musulmana. Se dovesse prevalere la legge del taglione, in un attimo l’incendio potrebbe infatti diventare indomabile e dare avvio, questa volta sì, a una nuova guerra di religione, perché intolleranza e fanatismo, come già abbiamo avuto modo di vedere anche in Europa, aizzano facilmente appartenenti di una determinata religione contro esponenti di altre confessioni. L’intervento di Francesco è quindi principalmente dettato da nobili ragioni molto politiche: evitare guerre di religione, riportando alla luce i veri motivi che nutrono le macchine da guerra e indirizzano le strategie dei burattinai. Fa bene a farlo. Ci preme però evidenziare come una parte delle sue affermazioni risulti discutibile, come quando ammonisce che ‘le religioni parlano di pace, capito?’. Vero, però… historia docet. Sappiamo infatti che parecchie religioni sono convinte che quella da loro proposta sia l’unica verità per ottenere la salvezza. Si tratta di una posizione che, se portata agli estremi, può spingere all’intolleranza, in particolare verso chi abbraccia un altro credo. E sappiamo a quante tensioni, censure, persino sanzioni e sangue ha portato nella storia un simile approccio. È successo persino all’interno dello stesso credo, tanto per fare un esempio molto noto, nel 1600 con Giordano Bruno, il frate domenicano, scrittore e filosofo, che per alcune sue convinzioni, scritti e argomentazioni sui testi sacri e sul cristianesimo (trinità compresa) venne scomunicato, incarcerato, giudicato eretico e condannato al rogo dall’Inquisizione della (sua) chiesa cattolica. Sempre andando alla storia, questa volta più recente, un atto di riavvicinamento fra ebrei e cristiani è avvenuto quando dalla liturgia del venerdì santo è stato tolto il riferimento ai ‘perfidi ebrei’, preghiera che aveva creato non poche tensioni fra le due comunità non solo per il significato marcatamente ostile che la parola ‘perfidis’ aveva assunto nella sua traduzione in italiano, ma anche perché sembrava che agli ebrei non rimanesse altro da fare che convertirsi alla religione cristiana. Ancora una volta: tutte le religioni parlano davvero solo di pace? Sul fronte opposto le varie comunità musulmane facciano ancora di più per condannare il fanatismo che, brandendo il Corano, alimenta la barbarie. Lo facciano nel loro interesse e nell’interesse di tutti noi, che è quello sottolineato da papa Francesco: il mantenimento della pace, anche di quella religiosa, insistendo su ciò che ci unisce nonostante le diversità anche nelle convinzioni religiose.

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