Commento

Bando alle emozioni sotto col pallone

11 giugno 2016
|

Tempo scaduto. La lunga fase di avvicinamento agli Europei si è consumata completamente, lungo il viaggio che dal ritiro di Juvignac ha condotto la Nazionale a Lens, sede dell’incontro di esordio, contro l’Albania.
Si entra nel vivo del dibattito, le cui prime schermaglie si sono tenute a Lugano, tra Villa Sassa e Cornaredo; dibattito acceso in Francia con l’arrivo a Mont-pellier e, appunto, chiuso con la prima trasferta in terra di Francia, quella che ha fatto rotta verso la prima scadenza, subito fondamentale.
In fondo, è quello che tutti aspettano – giocatori in primis –, ossia che la competizione sostituisca il lungo lavoro preparatorio in cui a tenere banco sono i buoni propositi e una generosa razione di sana retorica, con le partite, le emozioni. L’essenza stessa di un torneo che vive sì di chiacchiere, ma che la linfa vitale la ricava dai gol, dalle emozioni che sa scatenare.
Esaurito il primo capitolo con l’incontro inaugurale, tocca finalmente anche alla Svizzera misurare la propria condizione, fornire le prime risposte, nel giorno di una partita che sfugge un po’ ai canoni normali di un semplice incontro internazionale.
O meglio, a quella logica sfuggiva fino a ieri, fino all’ultimo giorno utile per le speculazioni, gli interrogativi sulle reazioni dei giocatori, i dibattiti sull’integrazione. Oggi è tempo di calcio, quello giocato, e sarà così anche per Svizzera-Albania, tema sviscerato in lungo e in largo che aspetta soltanto di essere consegnato agli archivi del calcio con i novanta minuti di Lens. Una partita di calcio, tra una squadra favorita, quella rossocrociata, e un avversario di livello inferiore che in cuor suo altro non può sognare che un colpaccio che scriva la storia – la sua storia – nel giorno del debutto ufficiale in un grande torneo.
Con questi presupposti è normale che i sentimenti siano pungolati, i nervi salgano a fior di pelle e l’adrenalina scorra come un fiume in piena. Ma, in fondo, sono sensazioni normali, alle soglie di un Europeo, riconducibili in gran parte all’ansia da debutto, più che alla vista del fratello sul campo opposto, o di connazionali che indossano l’altra casacca.
È una partita speciale, d’accordo, e non potrebbe essere altrimenti. Ma è soprattutto l’incontro d’esordio, sia per una Nazionale, quella rossocrociata, che qualche ambizione la cova e che quindi non può fallire l’entrata in materia, sia per l’Albania, che a questi livelli non è mai salita e che, con l’orgoglio che contraddistingue le matricole, va all’assalto dell’ignoto con una spensieratezza e una “fame” che la rendono insidiosa, ben oltre la cifra tecnica che altrimenti ne fa una vittima sacrificale, destinata a non lasciare il segno se non per la portata storica della sua partecipazione.
Non è più solo Granit Xhaka contro Taulant, oppure prime contro seconde scelte. Oggi è piuttosto Vladimir Petkovic contro Gianni De Biasi. O, più banalmente ancora, Svizzera contro Albania, seconda partita del girone A.
Come detto, e come confermato da Francia-Romania, non è più tempo di dissertazioni di ordine filosofico o politico. Il calcio ha tante derive, tante di quelle sfaccettature, che si potrebbe parlarne per giorni senza mai tirare in ballo il pallone. Giusto farlo, se e quando le storie che riesce a regalare sono degne di essere raccontate. E quelle che esulano da gol e parate spesso lo sono.
Ma quando lo stesso calcio entra nella dimensione a lui più consona, perché no anche banale – quella tecnico-sportiva – è giusto che il campanile venga ricollocato al centro del villaggio. Che la palla torni al centro, in tutti i sensi.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔