Commento

Analisi Kof e analisi Supsi

8 agosto 2015
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Secondo l’istituto Kof, del Politecnico federale di Zurigo, l’economia svizzera sembra essere riuscita ad assorbire le conseguenze della rivalutazione del franco a inizio anno (rapporto del 5 agosto) ,soprattutto nel settore industriale. Certo, le ripercussioni negative si sono sentite, ma molto meno di quanto si supponeva e, addirittura, nella seconda parte dell’anno l’andamento “degli affari” dovrebbe ritornare positivo. Uniche eccezioni Lemano e il Ticino che continueranno ad arrancare, con il nostro cantone che dovrebbe registrare quest’anno un calo del Pil cantonale di oltre il 3%. Intervistato dal Tg, l’economista del Kof ha detto chiaramente che la situazione del Ticino è la logica conseguenza delle sue debolezze strutturali di lungo periodo e che è necessario che il cantone intraprenda una conversione della struttura produttiva. Ritengo che sia una lettura corretta. Trovo quindi inquietante che un economista della Supsi, intervistato sempre dal Tg, abbia di fatto smentito l’analisi del Kof, commettendo diversi errori importanti. Secondo lui, l’economia ticinese non va poi così male perché ci sono dei poli di eccellenza come la farmaceutica, la logistica e la moda. Sul primo settore produttivo posso essere d’accordo (nonostante sia stato uno dei comparti dove i salari non sono cresciuti tra il 2008 e il 2012), ma che logistica e moda possano essere i settori sui quali puntare, mi sembra una pia illusione, derivata da un’analisi superficiale dei dati sul valore aggiunto per addetto di queste attività. Più preoccupante è invece l’affermazione che la ripresa dell’economia ticinese dipende dalla capacità dei singoli imprenditori che devono ristrutturare le loro aziende, portandole verso attività a maggiore valore aggiunto, senza l’intervento dello Stato, come se la politica industriale non fosse una branca della politica economica. Anzi, è proprio perché manca una politica industriale chiara e coerente che il Ticino si trova nella situazione attuale, caratterizzata da un “birchermüesli” produttivo indefinito e quindi incapace di valorizzare le aziende competitive o i settori che potrebbero esserlo. Perché le altre regioni svizzere hanno superato la crisi del cambio, meglio del Ticino? Per molte ragioni, ovviamente, ma anche perché la politica industriale ed economica ha gettato le basi per una crescita competitiva, la sola possibile per un Paese come la Svizzera, con costi del lavoro elevati e una moneta forte. L’esperto della Supsi ha pure contestato le previsioni del Kof sull’andamento nella seconda parte dell’anno, sostenendo che la situazione potrebbe peggiorare in autunno quando le aziende decideranno gli investimenti per il prossimo anno e quindi magari anche di delocalizzare, confondendo preventivo con decisioni di investimento. Un’azienda seria non aspetta l’autunno per decidere gli investimenti, ma lo fa fissando prospettive di lungo periodo. Inoltre, l’andamento dell’economia svizzera degli ultimi anni ha dimostrato che la maggioranza delle imprese preferisce la qualità, le competenze e le conoscenze presenti in Svizzera piuttosto che degli effimeri vantaggi sui costi del lavoro.

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